15 maggio 2017

Quattro quartetti DRY SALVAGES I – T. S. Eliot

opera di Andrey Remnev
Quattro quartetti – T. S. Eliot

DRY SALVAGES
I
Non so gran che degli dei; ma penso che il fiume
Sia un forte dio fulvo: cupo, indomito e intrattabile,
Paziente fino a un certo punto, dapprima considerato un confine;
Utile, inaffidabile come arteria per il commercio;
Più tardi semplicemente un problema per il costruttore di ponti.
Una volta risolto il problema, il dio fulvo è pressoché dimenticato
Dagli abitanti della città, ma rimane implacabile
Seguendo il ciclo di stagioni e alluvioni: distruttore, messaggero
Di ciò che gli uomini vogliono dimenticare. Privo di onori, non propiziato
Dagli adoratori della macchina, aspetta. Osserva e aspetta.
Il suo ritmo era presente nella camera dei bambini,
Nell’ailanto penetrante del cortile in aprile,
Nell’odore dell’uva sulla tavola autunnale,
E nel cerchio serale al lume a gas d’inverno.

Il fiume è dentro di noi, il mare è tutto intorno a noi;
Il mare è anche il limite della terra, il granito
In cui si fa strada, le spiagge su cui getta
Indizi di una creazione precedente, diversa: la stella
Marina, il granchio a ferro di cavallo, la costola di balena;
Le pozze dove offre alla nostra curiosità
Le alghe più delicate e le attinie.
Getta a riva i nostri rottami, la rete divelta,
La gabbia d’aragosta spaccata, il remo rotto,
Le robe dei morti sconosciuti. Il mare ha molte voci,
Molti dei e molte voci.
Il sale è nella rosa canina,
La nebbia è nei pini.
L’ululato del mare
E il guaito del mare sono voci diverse
Spesso udite insieme: il gemito nel sartiame,
La minaccia e carezza dell’onda che frange al largo,
La risacca lontana contro i denti del granito,
E l’avvicinamento lamentoso del promontorio incombente
Sono tutte voci del mare, e boa acustica beccheggiante
Doppiata al ritorno, e il gabbiano:
E sotto l’oppressione della nebbia silenziosa
I suoni della campana
Misurano un tempo non nostro, scandito dall’imperturbabile
Frangente sottocosta, un tempo
Più vecchio del tempo dei cronometri, più vecchio
Del tempo misurato da donne in ansia, impaurite,
Che vegliano a letto, calcolando il futuro,
Cercando di disfare, dipanare, districare
E ricomporre passato e futuro,
Fra la mezzanotte e l’alba, quando il passato è tutto inganno,
Il futuro non ha futuro, prima della guardia del mattino,
Quando il tempo è fermo e il tempo è senza fine;
E il frangere sottocosta, che è e fu dall’inizio,
Suona
La campana.

traduzione di Massimo Bacigalupo
da T. S. Eliot,il sermone del fuoco a cura di Massimo Bacigalupo
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

Nessun commento:

Posta un commento