29 maggio 2018

da “Estasi culinarie” - Muriel Barbery

dipinto di Jack Vettriano

da “Estasi culinarie” - Muriel Barbery

(…)
Sento Paul e Anna che parlano sottovoce nel corridoio. Socchiudo gli occhi. Come al solito, incontro con lo sguardo la curva perfetta di una scultura di Fanjol, regalo di compleanno di Anna per i miei sessant’anni. Mi sembra sia passata una vita. Paul entra piano nella stanza. Di tutti i nipoti, maschi e femmine, è il solo che ami e che stimi, il solo che accetti di vedere nelle mie ultime ore di vita; a lui solo, oltre che a mia moglie, ho confidato la mia angoscia prima di non riuscire quasi più a parlare.
“E’ un piatto? Un dessert?” ha chiesto Anna con voce rotta dai singhiozzi.
Non sopporto di vederla in questo stato. La amo, come ho sempre amato gli oggetti belli della mia vita. E’ così. Da padrone ho sempre vissuto e da padrone morirò, senza scrupoli né propensione a sentimentalismi, senza nessun rimorso per aver accumulato beni né per aver conquistato anime e individui come si compra un quadro di valore. Le opere d’arte hanno un’anima. Forse proprio perché so che non si possono ridurre alla semplice vita minerale, agli elementi inanimati che le compongono, non ho mai provato la benché minima vergogna a considerare Anna la più bella di tutte queste opere, lei che con la sua bellezza levigata e la sua dignitosa dolcezza ha allietato per quarant’anni le stanze del mio regno.
Non mi piace vederla piangere. Al crepuscolo della mia vita sento che si aspetta qualcosa, che soffre per la fine imminente che si profila all’orizzonte delle prossime ore, teme che io scompaia nello stesso vuoto di parole che intratteniamo fin dal giorno del nostro matrimonio – lo stesso vuoto, ma adesso definitivo, irrevocabile, senza la speranza né l’alibi che forse domani è un altro giorno. So che pensa o sente tutto questo, ma non me ne curo. Noi due non abbiamo niente da dirci, e lei dovrà accettare questa mia volontà. Vorrei solo che lo capisse, per placare le sue sofferenze e soprattutto il mio fastidio.
Ormai niente ha più importanza. Eccetto questo sapore che inseguo nei recessi della memoria e che, furente per un tradimento che io nemmeno ricordo, mi resiste e ostinatamente mi sfugge.
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