26 maggio 2018

da “Gabriella garofano e cannella” – Jorge Amado


da “Gabriella garofano e cannella” – Jorge Amado

Questa storia d’amore – per una strana coincidenza, direbbe donna Armida – iniziò nello stesso giorno limpido, con sole primaverile, in cui il fazendeiro Jesuìno Mendonca uccise a rivoltellate donna Sinhazinha Guedes Mendonca sua legittima sposa, dama della migliore società locale – bruna, piuttosto grassa, molto dedita alle attività parrocchiali – e il dottor Osmundo Pimentel, chirurgo-dentista, stabilitosi a Ilhéus da pochi mesi, giovane elegante, con atteggiamenti da poeta. Inoltre, in quel mattino, prima che la tragedia sconvolgesse la città, la vecchia Filomena aveva attuato una sua antica minaccia: era partita con il trenino delle otto per Agua Preta, dove aveva fatto fortuna un suo fugliolo, piantando in asso l’arabo Nacib presso cui faceva la cuoca.
Come in seguito sentenziò Joao Fulgenzio, persona erudita, proprietario della Cartoleria Centrale, centro della vita intellettuale di Ilhéus, il giorno era stato scelto male: un giorno così splendente, il primo con tanto sole dopo la lunga stagione delle piogge, sole come una carezza sulla pelle; non era giornata adatta agli spargimenti di sangue.
Tali considerazioni, ad ogni modo, non erano passate neppure per la testa – che oltretutto gli doleva per le corna – al colonnello Jesuìno Mendonca,  uomo d’onore e tutto d’un pezzo, poco versato in faccende estetiche o culturali.
Gli orologi avevano appena segnato le due del pomeriggio ed egli – apparendo d’improvviso mentre tutti lo pensavano alla piantagione – aveva fatto fuori la bella Sinhazinha e Osmundo il seduttore: due colpi centrati per ciascuno. Allora la città dimenticò ogni altro argomento di conversazione: la nave della Costeirea, incagliatasi al mattino all’ingresso del porto, l’inaugurazione del primo servizio di autobus fra Ilhéus e Itabuna, il prossimo grande ballo del Club Progresso e, addirittura, l’appassinante questione sollevata da Mindinho Falcao a proposito delle draghe per il porto. Quanto al piccolo dramma personale di Nacib, rimasto improvvisamente senza cuoca, soltanto pochi intimi ne furono a conoscenza.
La popolazione intera era stata turbata dalla tragedia, la storia della moglie del fazendeiro e del dentista, sia per la posizione sociale dei protagonisti, sia per l’abbondanza dei particolari, alcuni addirittura piccanti e gustosi. Questo perché, al di fuori del decantato e vanitoso progresso cittadino (“Ilhéus si evolve con ritmo travolgente”, aveva scritto il dottor Ezequiel Prado, avvocato illustre, sul “Diàrio de Ilhéus”9, nella città, più di tutto, ci si appassionava sempre alle violente storie d’amore, gelosia e morte. Era quasi svanita, col passare degli anni, l’eco delle ultime sparatorie per la conquista della terra, ma di quegli anni eroici nel sangue degli abitanti era rimasto il gusto per il sangue sparso.
Restavano anche certe abitudini: Come quella di fare gli sbruffoni, ostentando pistole giorno e notte, ubriacarsi, giocare d’azzardo. E certe leggi che continuavano a regolare la vita della collettività: una di queste leggi, delle più solide, era stata applicata proprio quel giorno: l’onore d’un marito ingannato soltanto con il sangue dei colpevoli può dirsi lavato. Una legge così fatta, è logico, veniva dai tempi antichi, non era sancita da nessun codice, ma resisteva nella coscienza degli uomini: eredità dei signori d’un tempo, quelli che affrontarono la foresta e piantarono cacao. Così era Ilhéus, in quel periodo attorno al 1925, quando prosperavano le piantagioni di cacao nelle campagne ingrassate con i morti e sangue, e nascevano e si moltiplicavano le fortune, mentre il progresso si radicava e trasformava il volto della città.
Quel  guato per il sangue era tanto profondo che lo stesso arabo Nacib, colpito nei propri interessi dall’abbandono della cuoca Filomena, superò ogni preoccupazione per gettarsi completamente nei commenti sul doppio assassinio.
Si modificava la fisionomia della città, si costruivano strade, s’importavano automobili, s’innalzavano ville, s’allargavano viali, si pubblicavano giornali, si fondavano club, si trasformava Ilhéus. Più lentamente, però, si trasformavano i costumi, le abitudini degli uomini. Accade sempre così, in qualsiasi società.
(…)

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