dipinto di Aldo Balding
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un fotografo, (1955) – Italo Calvino
(…)
Bice ridacchiò con
lei, ma l'indomani tornò a casa d'Antonino, sola.
Era vestita di lino
bianco, con ricami colorati sui bordi delle maniche e delle tasche. Aveva i
capelli divisi da una scriminatura e raccolti sulle tempie. Rideva un po' di
sottecchi, inclinando il capo da una parte. Antonino facendola passare studiava,
in quei suoi modi un po' vezzosi un po' ironici, quali erano i tratti che
definivano il suo carattere vero.
La fece sedere in una
grande poltrona, e infilò la testa sotto il drappo nero che guarniva l'apparecchio.
Era una di quelle cassette dalla parete posteriore di vetro, dove l'immagine si
specchia già quasi come su una lastra, spettrale, un po' lattiginosa, separata
da ogni contingenza nello spazio e nel tempo. Ad Antonino parve di vedere Bice
per la prima volta. Aveva un'arrendevolezza, nel calare un po' pesante delle
palpebre, nel protendere avanti il collo, che prometteva qualcosa di nascosto,
così come il suo sorriso pareva nascondersi dietro lo stesso atto del
sorridere.
- Ecco, così, no, la
testa più in là, alza gli occhi, no abbassa, - Antonino stava rincorrendo
dentro quella scatola qualcosa di Bice che improvvisamente gli pareva
preziosissimo, assoluto.
- Ora ti fai ombra,
vieni più in luce, no, era meglio prima.
C'erano molte
fotografie di Bice possibili e molte Bice impossibili a fotografare, ma quello
che lui cercava era la fotografia unica che contenesse le une e le altre.
- Non ti prendo, - la
sua voce usciva soffocata e lamentosa da sotto alla cappa nera, - non ti prendo
più, non riesco a prenderti.
(…)
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