dipinto di Kenton Nelson
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un fotografo, (1955) – Italo Calvino
(…)
Antonino cadde in una
crisi depressiva. Cominciò a tenere un diario: fotografico, s'intende. Con la macchina
appesa al collo, chiuso in casa, sprofondato in una poltrona, scattava
compulsivamente con lo sguardo nel vuoto. Fotografava l'assenza di Bice.
Raccoglieva le foto
in un album: vi si vedevano portaceneri pieni di mozziconi, un letto sfatto,
una macchia d'umidità sul muro. Gli venne l'idea di comporre un catalogo di
tutto ciò che nel mondo esiste di refrattario alla fotografia, di lasciato
fuori sistematicamente dal campo visivo non solo delle macchine ma degli
uomini. Su ogni soggetto passava giornate, esaurendo rotoli interi, a
intervalli di ore, in modo da seguire i mutamenti della luce e delle ombre. Un
giorno si fissò su un angolo della stanza completamente vuoto, con un tubo del
termosifone e nient'altro: ebbe la tentazione di continuare a fotografare quel
punto e solo quello fino alla fine dei suoi giorni.
L'appartamento era
lasciato nell'abbandono, fogli e vecchi giornali giacevano spiegazzati al
suolo, e lui li fotografava. Le foto sui giornali venivano fotografate
anch'esse, e un legame indiretto si stabiliva tra il suo obiettivo e quello di
lontani fotoreporter. Per produrre quelle macchie nere la lente d'altri
obiettivi s'era puntata su cariche della polizia, auto carbonizzate, atleti in
corsa, ministri, imputati.
Antonino ora provava
un particolare piacere a ritrarre gli oggetti domestici inquadrati da un
mosaico di telefoto, violente macchie d'inchiostro sui fogli bianchi. Dalla sua
immobilità si sorprese a invidiare la vita del fotoreporter che si muove
seguendo i moti delle folle, il sangue versato, le lacrime, le feste, il
delitto, le convenzioni della moda, la falsità delle cerimonie ufficiali; il
fotoreporter che documenta sugli estremi della società, sui più ricchi e sui
più poveri, sui momenti eccezionali che pure si producono a ogni momento in
ogni luogo.
«Vuol dire che solo
lo stato d'eccezione ha un senso? - si domandava Antonino. - È il fotoreporter
il vero antagonista del fotografo domenicale? I loro mondi si escludono? Oppure
l'uno dà un senso all'altro?» e così riflettendo prese a fare a pezzi le foto
con Bice o senza Bice accumulate nei mesi della sua passione, a strappare le
filze di provini appese ai muri, a tagliuzzare la celluloide delle negative, a
sfondare le diapositive, e ammucchiava i residui di questa metodica distruzione
su giornali distesi per terra.
(…)
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