13 settembre 2018

da "La donna da mangiare" – Margaret Atwood

da "La donna da mangiare" – Margaret Atwood

Sono certa che stavo bene venerdì, quando mi alzai; caso mai mi sentivo più imperturbabile del solito. Quando andai in cucina per prepararmi la colazione, c’era già Ainsley, tutta abbattuta; disse che la sera prima era andata a un party da far schifo. Giurò che c’erano stati soltanto degli studenti di odontoiatria, una cosa che l’aveva depressa al punto che si era consolata ubriacandosi.
«Non hai idea di quanto sia pesante», disse, «dover sopportare una ventina di conversazioni sull’interno della bocca degli altri. La reazione più grande che ho suscitato è stato quando ho descritto un ascesso che ho avuto una volta. Avevano letteralmente la bava alla bocca. E gli uomini, per lo più, guardano a qualcosa oltre ai tuoi denti, santo cielo.»
Aveva i postumi della sbornia, una cosa che mi mise di umore allegro - mi fece sentire sana come un pesce - e le versai un bicchiere di succo di pomodoro e le preparai un’alka-seltzer corroborante, stando a ascoltarla e emettendo rumori di comprensione mentre continuava a lamentarsi.
«Come se non ne avessi abbastanza sul lavoro», disse. Ainsley lavora come collaudatrice di spazzolini difettosi in un’impresa di spazzolini da denti elettrici: un impiego provvisorio. Quello che aspetta è un posto vacante in una di quelle piccole gallerie d’arte, anche se lo stipendio non è ottimo: vuole fare la conoscenza di artisti. L’anno prima, mi disse, andava pazza per gli attori ma poi ne incontrò effettivamente qualcuno. «È proprio una fissazione. Scommetto che tutti quanti si portano dietro, nella tasca della giacca, quegli specchietti ricurvi e si danno una sbirciata in bocca ogni volta che vanno al cesso per assicurarsi di essere ancora senza carie.»
Con aria pensosa si passò una mano fra i capelli che sono lunghi e rossi, o meglio ramati.
«Te lo immagini baciarne uno? Direbbe: ‘Apra bene’, prima di tutto. Sono così maledettamente limitati.»
«Deve essere stato terribile», dissi, riempiendole di nuovo il bicchiere.
«Non potevi cambiare argomento?»
Ainsley alzò le sopracciglia quasi inesistenti, che quella mattina non erano ancora state dipinte. «No, naturalmente», disse. «Facevo finta di essere terribilmente interessata. E naturalmente non ho lasciato capire che mestiere facevo: quei professionisti se ne hanno così a male se uno sa qualcosa del loro argomento. Sai, come Peter.»
Ainsley tende a punzecchiare Peter, soprattutto quando non si sente bene. Feci la generosa e non ribattei. «Faresti meglio a mangiare qualcosa prima di andare al lavoro», dissi. «Quando si ha qualcosa nello stomaco si sta meglio.»
«Oh dio», fece Ainsley, «non riesco a sopportarne il pensiero. Un altro giorno di macchine e di bocche. È da un mese che non ne passo uno di interessante, da quando quella donna ci rispedì il suo spazzolino perché cadevano le setole. Scoprimmo che aveva adoperato dell’Ajax.»
Mi lasciai così prendere dalla mia efficienza per amore di Ainsley, mentre mi congratulavo con me stessa per la mia superiorità morale rispetto a lei, che non mi resi conto di quanto si fosse fatto tardi, finché non fu lei a ricordarmelo. All’impresa degli spazzolini elettrici non badano a che ora si arrivi, ma la mia impresa si considera puntuale. Dovetti lasciar perdere l’uovo, e buttar giù un bicchiere di latte e una tazza di fiocchi d’avena freddi già sapendo che in tal modo la fame mi sarebbe tornata molto prima dell’ora di pranzo.
Masticai un pezzo di pane, mentre Ainsley mi osservava in un silenzio nauseato, e afferrai la borsa, lasciando che Ainsley chiudesse la porta dell’appartamento dietro di me.
(…)

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