dipinto di Kenton Nelson
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un fotografo, (1955) – Italo Calvino
(…)
Appena il
polpastrello raggiunse la voluta condizione di distacco dal resto della sua
persona e individualità, egli fu libero di comunicare le sue teorie in
argomentate allocuzioni, inquadrando nel contempo riuscite scenette d'insieme.
(Alcuni casuali successi erano bastati a dargli disinvoltura e confidenza con i
mirini e gli esposimetri.)
- ...Perché una volta
che avete cominciato, - predicava, - non c'è nessuna ragione che vi fermiate.
Il passo tra la realtà che viene fotografata in quanto ci appare bella e la
realtà che ci appare bella in quanto è stata fotografata, è brevissimo. Se
fotografate Pierluca mentre fa il castello di sabbia, non c'è ragione di non
fotografarlo mentre piange perché il castello è crollato, e poi mentre la
bambinaia lo consola facendogli trovare in mezzo alla sabbia un guscio di
conchiglia. Basta che cominciate a dire di qualcosa: «Ah che bello,
bisognerebbe proprio fotografarlo!» e già siete sul terreno di chi pensa che tutto
ciò che non è fotografato è perduto, che è come se non fosse esistito, e che
quindi per vivere veramente bisogna fotografare quanto più si può, e per
fotografare quanto più si può bisogna: o vivere in modo quanto più
fotografabile possibile, oppure considerare fotografabile ogni momento della
propria vita. La prima via porta alla stupidità, la seconda alla pazzia.
- Pazzo e stupido
sarai tu, - gli dicevano gli amici, - e per di più rompiscatole.
- Per chi vuole
recuperare tutto ciò che passa sotto i suoi occhi, - spiegava Antonino anche se
nessuno lo stava più a sentire, - l'unico modo d'agire con coerenza è di
scattare almeno una foto al minuto, da quando apre gli occhi al mattino a
quando va a dormire. Solo così i rotoli di pellicola impressionata costituiranno
un fedele diario delle nostre giornate, senza che nulla resti escluso. Se mi
mettessi a fotografare io, andrei fino in fondo su questa strada, a costo di
perderci la ragione. Voi invece pretendete ancora di esercitare una scelta. Ma
quale? Una scelta in senso idillico, apologetico, di consolazione, di pace con
la natura la nazione i parenti. Non è soltanto una scelta fotografica, la vostra;
è una scelta di vita, che vi porta a escludere i contrasti drammatici, i nodi
delle contraddizioni, le grandi tensioni della volontà, della passione,
dell'avversione. Così credete di salvarvi dalla follia, ma cadete nella
mediocrità, nell'ebetudine.
(…)
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