14 maggio 2017

T. S. Eliot - La terra desolata III. IL SERMONE DEL FUOCO

John Atkinson Grimshaw - Scarborough by Moonlight
T. S. Eliot - La terra desolata

III. IL SERMONE DEL FUOCO

La tenda del fiume è rotta: le ultime dita di foglie
Stringono e affondano nell’argine fradicio. Il vento
Attraversa la terra bruna, inascoltato. Le ninfe sono partite.
Dolce Tamigi, scorri piano, finché non concludo il mio Canto.
Il fiume non porta vuoti di bottiglia, buste di sandwich,
Fazzoletti di seta, scatole di cartone, mozziconi
O altre testimonianze delle notti d’estate. Le ninfe son partite.
E i loro compagni, gli eredi fannulloni dei dirigenti della City;
Partiti, non hanno lasciato l’indirizzo.
Presso le acque dei Lemano mi sono seduto e ho pianto…
Dolce Tamigi, scorri piano, finché non concludo il mio canto.
Dolce Tamigi, scorri piano, perché non parlo né forte né tanto.
Ma alle mie spalle sento un turbine gelato
Il suono di ossa smosse, e un sogghigno spalancato.

Un ratto strisciò mollemente nella vegetazione
Trascinando il ventre viscido lungo l’argine
Mentre pescavo nel canale tetro
In una sera d’inverno dietro il gasometro
Meditando sul naufragio del re mio fratello
E sulla morte del re mio padre prima.
Bianchi corpi nudi sulla terra bassa e umida
E ossa gettate in una mansarda bassa e secca,
Smosse dalle zampe del ratto, di anno in anno.
Ma alle mie spalle sento di tanto in tanto
Un suono di clacson e automobili, che condurranno
Sweeney da Mrs. Porter nel nuovo anno.
Oh la luna chiar su Mrs. Porter brilla
E su sua figlia
Si lavano le gambe in acqua di bottiglia
Et O ces voix d’enfants, chan tant dans la coupole!

Chip chip chip
Ciuk ciuk ciuk ciuk ciuk ciuk
Rudemente forzata
Tereo

Città irreale
Sotto la nebbia scura di un mezzogiorno d’inverno
Mr. Eugenides, mercante di Smirne,
Non rasato, con la tasca piena di ribes,
C.I.F. per Londra: bolla e allegata,
M’invitò in francese demotico
A pranzo al Cannon Street Hotel
Seguito da un weekend al Metropole.

All’ora viola, quando gli occhi e la schiena
Si sollevano dalla scrivania, quando il motore umano aspetta
Come un taxi che vibra e aspetta,
Io Tiresia, sebbene cieco, tremolante fra due vite,
Vecchio dalle vizze mammelle femminili, io vedo
All’ora viola, l’ora serale che tende
Verso casa e conduce a casa il marinaio dal mare,
A casa all’ora del tè la dattilografa, sparecchia la colazione,
Accende il fornello, e tira fuori la cena in scatola.
Fuori dalla finestra pendono rischiose
Le sue combinazioni lambite dall’ultimo sole,
Sul divano (suo letto per la notte) si ammucchiano
Calze, pantofole, camicette e busti.
Io Tiresia, vecchio dalle poppe vizze,
Osservai la scena, e predissi il resto:
Anch’io aspettai l’ospite imprevisto.
Questo giovane foruncoloso, arriva,
Impiegatuccio d’agenzia immobiliare, sguardo spavaldo,
Un plebeo che esibisce l’impudenza
Come un cilindro di un milionario di provincia.
Il momento è ora propizio, o così arguisce,
Il pasto è terminato, e lei è stanca e annoiata,
Lui si sforza di coinvolgerla in carezze
Non sono respinte, anche se non desiderate.
Paonazzo e deciso, parte subito all’assalto;
Mani esploranti non incontrano difesa:
La vanità di lui non ha bisogno di risposta,
E prende per un benvenuto l’indifferenza.
(E io Tiresia ho sofferto tutto
Quanto si compie su questo divanoletto:
Io che sedetti a Tebe sotto il muro
E discesi nelle regioni più profonde dei morti.)
Lui le elargisce un ultimo bacio condiscendente,
E scende tro le scale tentoni, trovando le luci spente.

Lei si volta e guarda un attimo nello specchio,
Quasi senza accorgersi che l’innamorato è partito;
Nella sua mente passa un pensiero informe:
“Anche questa è fatta, fortuna che è finito.”
Quando una bella donna alla passione cede
Si aggira di nuovo nella stanza, sola,
Si rassetta i capelli con mano automatica
E mette un disco sul grammofono.

“Questa musica mi strisciò accanto sulle acque”
E lungo lo Strand, su per King William Street.
Oh City, oh città, a volte sento
Vicino a un pub di Lower Thames Street ,
Il lamento piacevole di un mandolino
E uno sbatacchiare e chiacchierare all’interno
Dove i pescatori si riposano a mezzogiorno; dove i muri
Della chiesa di Magnus Martyr raccolgono
Indistricabile splendore di bianco ionio e oro.

Il fiume suda
Olio e catrame
Le chiatte vanno alla deriva
Col volgere della marea
Vele rosse
Larghe
Sottovento, strambano sul grosso bompresso.
Le chiatte lavano
Tronchi alla deriva
Lungo la distesa di Greenwich
Oltre l’Isola dei Cani.
Weialala leia
Wallala leiaiala

Elizabeth e Leicester
Battito di remi
La poppa era foggiata
Conchiglia dorata
Rossa e oro
Le rapide onde
Increspavano le due sponde
Vento di ponente
Portava con la corrente
Rintocchi di campane
Bianche torri
Weialala leia
Wallala Ieialala

“Tram e strade polverose.
Highbury mi ha fatta. Richmond e Kew.
Disfatta. A Richmond alzai le ginocchia
Supina sul fondo di una stretta canoa.”

“I miei piedi sono a Moorgate, e il mio cuore
Sotto i miei piedi. Dopo l’evento
Lui pianse. Promise “un nuovo inizio”.
Perché risentirmi? Non feci nessun commento”

“Sulle Sabbie a Margate.
Io non connetto
Niente con niente.
Le unghie rotte di mani sudice.
I miei povera gente che non si aspetta
Niente.”
la la
A Cartagine poi venni

Brucia brucia brucia brucia
O Signore tu mi spegni
O Signore tu mi spegni

Brucia

traduzione di Massimo Bacigalupo
da T. S. Eliot,il sermone del fuoco a cura di Massimo Bacigalupo
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

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