18 maggio 2018

da Dolce come il cioccolato - Laura Esquivel

Eic Bowman - Bakery girls
da Dolce come il cioccolato - Laura Esquivel
(…)
E così, abbracciate, piansero finché a Tita non rimasero più lacrime negli occhi. Allora pianse a secco, e dicono che fa ancora più male, come il parto asciutto, però almeno aveva smesso di bagnare l’impasto della torta, e poté passare alla fase successiva, che è quella del ripieno.

Ripieno

150 grammi di polpa di «chabacano»
150 grammi di zucchero semolato

Preparazione

Si fanno bollire i chabacanos in pochissima acqua e poi si passano al setaccio; in mancanza di questo, si può usare un volgare colino. Si versa questa purea in una casseruola, si aggiunge lo zucchero e si mette il tutto sul fuoco senza smettere di rimestare finché non diventa marmellata. Allora la si toglie dal fuoco e la si lascia raffreddare prima di farcire con essa la torta, ovviamente dopo aver tagliato quest’ultima a metà.
Per fortuna, un mese prima delle nozze, Nacha e Tita avevano preparato parecchi vasi di conserva di chabacanos, fichi e camotes con ananas. Grazie a questo, non si trovarono costrette a preparare la marmellata quello stesso giorno.
Erano abituate a preparare in cortile quantità enormi di marmellata per utilizzare la frutta di stagione. Mettevano un pentolone di frutta sul fuoco e per rimestare la marmellata si coprivano le braccia con vecchie lenzuola. Questo evitava che qualche schizzo, saltando, bruciasse loro la pelle.
Appena Tita aprì il barattolo, l’odore dei chabacanos la riportò al pomeriggio in cui avevano preparato la marmellata. Tita veniva dall’orto portando la frutta nella gonna perché aveva dimenticato la cesta. Entrando in cucina con la gonna arrotolata, quale non fu la sua sorpresa nel trovarvi Pedro, che stava andando nel cortile posteriore a preparare il calesse. Bisognava recarsi in paese a consegnare delle partecipazioni e siccome quel giorno il carrettiere non si era presentato alla fattoria, toccava a lui sbrigare la faccenda. Non appena lo vide, Nacha uscì quasi di corsa dalla cucina, con la scusa di andare a prendere dell’epazote per i fagioli. Ma per la sorpresa, Tita lasciò cadere alcuni chabacanos. Pedro si precipitò a raccoglierglieli. E piegandosi poté in parte vedere le gambe di Tita rimaste scoperte.
Tita, per evitare che Pedro la guardasse, lasciò andare la gonna, e nel far questo, tutti i chabacanos rotolarono sulla testa di Pedro.
«Mi scusi Pedro. Le ho fatto male?».
«Mai come gliene ho fatto io. Lasci che le dica le mie intenzioni...».
«Non le ho chiesto spiegazioni».
«È necessario che le spieghi alcune cose..:».
«Una volta ho ascoltato le sue parole ed erano menzogne, non voglio farlo più...».
E dicendo questo, Tita uscì in fretta dalla cucina per la porta che dava in salotto, dove Chencha e Gertrudis stavano ricamando il lenzuolo nuziale. Era un lenzuolo di seta bianca, con al centro un forellino delicatamente lavorato. Questo pertugio era destinato a mostrare soltanto le parti nobili della sposa nei momenti di intimità coniugale. Avevano avuto davvero fortuna a trovare della seta francese in quei tempi d’instabilità politica. La rivoluzione rendeva insicuri i viaggi all’interno del paese; e così, se non fosse stato per un cinese dedito al contrabbando, non avrebbero potuto avere il tessuto. Mamma Elena non avrebbe mai permesso che le figlie corressero dei rischi andando nella capitale a comprare l’occorrente per il vestito e il corredo di Rosaura. Questo cinesino era abbastanza furbo: vendeva merce nella capitale accettando d’essere pagato con banconote emesse dall’esercito rivoluzionario del nord, che lì avevano scarsissimo valore e non si potevano utilizzare. Ma le otteneva certamente a prezzi irrisori e con quel denaro se ne andava al nord, dove le banconote riacquistavano il loro valore reale e così comprava la mercanzia.
Al nord, naturalmente, accettava a prezzi infimi le banconote emesse nella capitale e fece così durante tutta la rivoluzione, fino a diventare milionario. Ma l’importante fu che Rosaura, grazie a lui, poté usufruire dei tessuti più raffinati ed eleganti per le sue nozze.
Tita rimase come ipnotizzata di fronte al candore del lenzuolo; erano stati soltanto alcuni secondi, ma sufficienti a causarle una specie di cecità. Ovunque posasse lo sguardo vedeva solo il colore bianco. Rosaura, che stava scrivendo a mano degli inviti, le sembrava un niveo fantasma. Dissimulò così bene quanto le stava accadendo che nessuno se ne accorse.
Non voleva prendersi un’altra sgridata da Mamma Elena. E così, quando i Lobo vennero a portare il loro regalo di nozze, cercò di concentrarsi per scoprire chi stesse salutando, perché le sembrava di assistere a uno spettacolo d’ombre cinesi coperte da un lenzuolo bianco. Fortunatamente la voce stridula di Paquita le fornì la soluzione e poté salutarli senza problemi.
(…)

Nessun commento:

Posta un commento