dipinto di Aldo Balding
da Il Talento del cuoco – Martin Suter
(…)
A poca distanza dall’ultimo incontro, Thevaram e Rathinam si presentarono di nuovo alla porta di Maravan. Portavano notizie di Ulagu. A sentir loro, aveva chiesto di entrare nel gruppo delle Black Tigers, un’unità scelta di attentatori suicidi. Tuttavia i requisiti per l’ammissione erano molto rigidi e c’erano buone possibilità che la sua richiesta fosse respinta. Forse Maravan poteva incrementare queste possibilità sfruttando i loro canali.
I due ottennero la promessa di un’altra donazione da duemila franchi.
Dopo la loro visita Maravan andò al Bazar Batticaloa e fece sapere alla sorella che c’era stato un piccolo progresso.
A dicembre lo Huwyler registrava normalmente il tutto esaurito; le due sale erano occupate quasi ogni sera. Ora, però, alcune delle aziende più fedeli avevano disdetto le prenotazioni per il consueto pranzo di Natale con i dirigenti. Huwyler era convinto che stessero usando la crisi come scusa o che avessero deciso di disdire per motivi d’immagine. Uno non poteva lamentarsi perché gli affari andavano male e poi festeggiare in un ristorante di alto livello.
Comunque fosse, il risultato non cambiava: i clienti erano sensibilmente diminuiti rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti. Per questo Huwyler si stava occupando con particolare attenzione del tavolo dello Staffel. Dodici persone. Tutti top manager con le rispettive compagne (ormai una rarità).
Staffel aveva tutti i motivi di festeggiare. La stampa finanziaria lo aveva eletto all’unanimità manager dell’anno per i settore “nuove tecnologie”. E l’azienda che dirigeva, la Kugag, aveva chiuso con un risultato talmente positivo che non doveva temere alcun danno d’immagine.
Per quanto riguardava il menu, però, Staffel avrebbe potuto osare un po’ di più.
Huwylew gli aveva proposto, una degustazione completa, ma lui aveva preferito un pasto
più semplice. Sei portate in tutto, accompagnate da vini di fascia media. Ormai anche i borghesucci diventavano manager dell’anno.
Per fortuna c’era un altro cliente che del borghesuccio non aveva nulla: Dalmann, l’infartuato. La prima volta che era tornato al ristorante, fresco di riabilitazione, meno di un mese dopo l’incidente, Huwyler si era spaventato. Non tanto per la faccia tosta dell’uomo, che aveva deciso di ripresentarsi nel luogo dell’increscioso episodio, quanto per la possibilità che succedesse di nuovo. Dalmann mangiava e beveva senza trattenersi, alla
fine chiedeva perfino cognac e sigaro.
Ma nel frattempo era diventato un cliente più che gradito. Una specie di simbolo della normalità.
Era presente anche questa sera, in compagnia del dottor Neller, avvocato specializzato in diritto economico e, come i due sottolineavano sempre più spesso a tarda ora, amante della gioventù e fan dei boy- scout. Per loro menu Surprise.
Dalmann prese un rametto di abete dal centrotavola con la palla natalizia blu e lo tenne sopra la candela.
Amava il profumo degliaghi bruciati. Faceva tanto Natale.
Era un profumo che lo rendeva sentimentale, in modo positivo. Soprattutto in una sera così, dopo un buon pasto in compagnia di un vecchio amico. Il ristorante non era né pieno né vuoto, né caotico né silenzioso.
Il fumo del Bahia era fresco, l’armagnac morbido e la conversazione intima. “Hai più usufruito dei servizi di Kull?” chiese Neller.
Dalmann sorrise. “Sai che devo stare attento al cuore”.
“Ah già. Quando ti vedo così me ne dimentico sempre”.
“Perché? Dovrei usufruire dei suoi servizi?”.
“Non voglio averti sulla coscienza. Comunque, dovessi decidere di chiamarlo: ora offre anche da mangiare”.
“Mi trovo bene qui”.
“Ma quelli che offre lui sono piatti speciali.Erotici”.
Dalmann lo guardò con aria interrogativa e diede un tiro al sigaro.
“Ha un indiano o qualcosa del genere che cucina e una bambola sexy che serve. Forse la conosci, per un po’ ha fatto la cameriera qui. Alta, capelli neri pettinati tutti da una parte...”.
“Adesso lavora per Kull?”.
“Porta solo i piatti”.
“E li rende erotici?”.
“No, è proprio il cibo a essere erotico. Non ci credevo, ma è vero. Ti fa sentire completamente diverso”.
“In che senso?”.
“Eccitato”. Neller fece un vago cenno verso il basso.
“Non solo là. Più che altro qui”. Si toccò la fronte alta e luccicante di sudore.
“Cioè ti fa venire un’erezione in testa?”.
Dalmann scoppiò a ridere, ma Neller prese seriamente la domanda.
“Sì” disse dopo averci riflettuto un attimo. “Ma il bello è che anche le donne si eccitano. Hai l’impressione che si divertano davvero”.
“È normale, sono pagate per fingere”.
Neller scosse la testa.
“No, credimi, so riconoscere la differenza. Sono sincere. Non completamente, ma un po’ sì”.
Dalmann masticò lentamente un boccone, poi si pulì la bocca e chiese: “Forse mettono qualcosa nei piatti”.
“Loro giurano di no. Sono le ricette. L’atmosfera. Cuscini e candele. Si mangia con le mani, seduti sul pavimento”.
“E cosa si mangia?”.
“Cose speziate. Dolci e speziate. Una specie di cucina molecolare ayurvedica. Strana, ma buonissima. Assolutamente da provare. Costa un po’, ma è diversa da tutto il resto”.
“Nessuna droga? Nessuna sostanza chimica?”.
“Direi di no, il mattino dopo mi sentivo benissimo. E, da uomo a uomo, era tanto tempo che non facevo una scopata così”.
“Ma con il mio cuore...”.
Neller alzò le mani. “Stavo solo parlando, Eric... “.
Dalmann non aveva intenzione di provare il servizio consigliato dall’amico, ma l’avrebbe tenuto a mente, casomai avesse avuto bisogno di una cosa speciale per qualcun altro.
Cambiarono discorso e continuarono a chiacchierare per un bel po’. Quando Huwyler li accompagnò al taxi con l’ombrello, davanti all’ingresso c’era già un sottile strato di neve e dal cielo cadevano grandi fiocchi silenziosi.
Quella sera, mentre festeggiavano il bilancio di fine anno e il titolo di manager dell’anno da Huwyler, Dalmann si era avvicinato al tavolo per congratularsi con Staffel e aveva detto: “Grazie a lei ho vinto una scommessa”.
“Una scommessa?”.
“Sì, avevo scommesso che il titolo sarebbe stato suo”.
“Allora ha rischiato. Spero che la posta non fosse troppo alta”.
“Sei bottiglie di Cheval Blanc del 1997. Comunque ero sicuro di vincere. Buon appetito a tutti. Godetevi la serata, ve la meritate”.
Non appena Dalmann era tornato al suo tavolo, la moglie di Staffel aveva sussurrato: “È lo stesso uomo che l’altra volta ne sapeva più di me. Nel frattempo hai scoperto chi è?”.
In effetti Staffel si era informato, ma non aveva scoperto granché. Dalmann era un avvocato che non esercitava.
Oltre a sedere in diversi consigli d’amministrazione, faceva il consulente e l’intermediario. Creava contatti di lavoro, faceva incontrare le persone, si rendeva utile quando c’era da coprire in modo informale una posizione scoperta. Era chiaro che aveva buoni agganci anche nel settore dei media, agganci che in caso di necessità gli potevano passare certe informazioni.
Presto Staffel l’avrebbe conosciuto meglio.
(…)
A poca distanza dall’ultimo incontro, Thevaram e Rathinam si presentarono di nuovo alla porta di Maravan. Portavano notizie di Ulagu. A sentir loro, aveva chiesto di entrare nel gruppo delle Black Tigers, un’unità scelta di attentatori suicidi. Tuttavia i requisiti per l’ammissione erano molto rigidi e c’erano buone possibilità che la sua richiesta fosse respinta. Forse Maravan poteva incrementare queste possibilità sfruttando i loro canali.
I due ottennero la promessa di un’altra donazione da duemila franchi.
Dopo la loro visita Maravan andò al Bazar Batticaloa e fece sapere alla sorella che c’era stato un piccolo progresso.
A dicembre lo Huwyler registrava normalmente il tutto esaurito; le due sale erano occupate quasi ogni sera. Ora, però, alcune delle aziende più fedeli avevano disdetto le prenotazioni per il consueto pranzo di Natale con i dirigenti. Huwyler era convinto che stessero usando la crisi come scusa o che avessero deciso di disdire per motivi d’immagine. Uno non poteva lamentarsi perché gli affari andavano male e poi festeggiare in un ristorante di alto livello.
Comunque fosse, il risultato non cambiava: i clienti erano sensibilmente diminuiti rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti. Per questo Huwyler si stava occupando con particolare attenzione del tavolo dello Staffel. Dodici persone. Tutti top manager con le rispettive compagne (ormai una rarità).
Staffel aveva tutti i motivi di festeggiare. La stampa finanziaria lo aveva eletto all’unanimità manager dell’anno per i settore “nuove tecnologie”. E l’azienda che dirigeva, la Kugag, aveva chiuso con un risultato talmente positivo che non doveva temere alcun danno d’immagine.
Per quanto riguardava il menu, però, Staffel avrebbe potuto osare un po’ di più.
Huwylew gli aveva proposto, una degustazione completa, ma lui aveva preferito un pasto
più semplice. Sei portate in tutto, accompagnate da vini di fascia media. Ormai anche i borghesucci diventavano manager dell’anno.
Per fortuna c’era un altro cliente che del borghesuccio non aveva nulla: Dalmann, l’infartuato. La prima volta che era tornato al ristorante, fresco di riabilitazione, meno di un mese dopo l’incidente, Huwyler si era spaventato. Non tanto per la faccia tosta dell’uomo, che aveva deciso di ripresentarsi nel luogo dell’increscioso episodio, quanto per la possibilità che succedesse di nuovo. Dalmann mangiava e beveva senza trattenersi, alla
fine chiedeva perfino cognac e sigaro.
Ma nel frattempo era diventato un cliente più che gradito. Una specie di simbolo della normalità.
Era presente anche questa sera, in compagnia del dottor Neller, avvocato specializzato in diritto economico e, come i due sottolineavano sempre più spesso a tarda ora, amante della gioventù e fan dei boy- scout. Per loro menu Surprise.
Dalmann prese un rametto di abete dal centrotavola con la palla natalizia blu e lo tenne sopra la candela.
Amava il profumo degliaghi bruciati. Faceva tanto Natale.
Era un profumo che lo rendeva sentimentale, in modo positivo. Soprattutto in una sera così, dopo un buon pasto in compagnia di un vecchio amico. Il ristorante non era né pieno né vuoto, né caotico né silenzioso.
Il fumo del Bahia era fresco, l’armagnac morbido e la conversazione intima. “Hai più usufruito dei servizi di Kull?” chiese Neller.
Dalmann sorrise. “Sai che devo stare attento al cuore”.
“Ah già. Quando ti vedo così me ne dimentico sempre”.
“Perché? Dovrei usufruire dei suoi servizi?”.
“Non voglio averti sulla coscienza. Comunque, dovessi decidere di chiamarlo: ora offre anche da mangiare”.
“Mi trovo bene qui”.
“Ma quelli che offre lui sono piatti speciali.Erotici”.
Dalmann lo guardò con aria interrogativa e diede un tiro al sigaro.
“Ha un indiano o qualcosa del genere che cucina e una bambola sexy che serve. Forse la conosci, per un po’ ha fatto la cameriera qui. Alta, capelli neri pettinati tutti da una parte...”.
“Adesso lavora per Kull?”.
“Porta solo i piatti”.
“E li rende erotici?”.
“No, è proprio il cibo a essere erotico. Non ci credevo, ma è vero. Ti fa sentire completamente diverso”.
“In che senso?”.
“Eccitato”. Neller fece un vago cenno verso il basso.
“Non solo là. Più che altro qui”. Si toccò la fronte alta e luccicante di sudore.
“Cioè ti fa venire un’erezione in testa?”.
Dalmann scoppiò a ridere, ma Neller prese seriamente la domanda.
“Sì” disse dopo averci riflettuto un attimo. “Ma il bello è che anche le donne si eccitano. Hai l’impressione che si divertano davvero”.
“È normale, sono pagate per fingere”.
Neller scosse la testa.
“No, credimi, so riconoscere la differenza. Sono sincere. Non completamente, ma un po’ sì”.
Dalmann masticò lentamente un boccone, poi si pulì la bocca e chiese: “Forse mettono qualcosa nei piatti”.
“Loro giurano di no. Sono le ricette. L’atmosfera. Cuscini e candele. Si mangia con le mani, seduti sul pavimento”.
“E cosa si mangia?”.
“Cose speziate. Dolci e speziate. Una specie di cucina molecolare ayurvedica. Strana, ma buonissima. Assolutamente da provare. Costa un po’, ma è diversa da tutto il resto”.
“Nessuna droga? Nessuna sostanza chimica?”.
“Direi di no, il mattino dopo mi sentivo benissimo. E, da uomo a uomo, era tanto tempo che non facevo una scopata così”.
“Ma con il mio cuore...”.
Neller alzò le mani. “Stavo solo parlando, Eric... “.
Dalmann non aveva intenzione di provare il servizio consigliato dall’amico, ma l’avrebbe tenuto a mente, casomai avesse avuto bisogno di una cosa speciale per qualcun altro.
Cambiarono discorso e continuarono a chiacchierare per un bel po’. Quando Huwyler li accompagnò al taxi con l’ombrello, davanti all’ingresso c’era già un sottile strato di neve e dal cielo cadevano grandi fiocchi silenziosi.
Quella sera, mentre festeggiavano il bilancio di fine anno e il titolo di manager dell’anno da Huwyler, Dalmann si era avvicinato al tavolo per congratularsi con Staffel e aveva detto: “Grazie a lei ho vinto una scommessa”.
“Una scommessa?”.
“Sì, avevo scommesso che il titolo sarebbe stato suo”.
“Allora ha rischiato. Spero che la posta non fosse troppo alta”.
“Sei bottiglie di Cheval Blanc del 1997. Comunque ero sicuro di vincere. Buon appetito a tutti. Godetevi la serata, ve la meritate”.
Non appena Dalmann era tornato al suo tavolo, la moglie di Staffel aveva sussurrato: “È lo stesso uomo che l’altra volta ne sapeva più di me. Nel frattempo hai scoperto chi è?”.
In effetti Staffel si era informato, ma non aveva scoperto granché. Dalmann era un avvocato che non esercitava.
Oltre a sedere in diversi consigli d’amministrazione, faceva il consulente e l’intermediario. Creava contatti di lavoro, faceva incontrare le persone, si rendeva utile quando c’era da coprire in modo informale una posizione scoperta. Era chiaro che aveva buoni agganci anche nel settore dei media, agganci che in caso di necessità gli potevano passare certe informazioni.
Presto Staffel l’avrebbe conosciuto meglio.
(…)
Nessun commento:
Posta un commento