dipinto di Fabian Perez
(…)
A dodici anni Makeda era fuggita in Inghilterra con la madre e la
sorella maggiore. Appartenevano all’etnia degli Oromo. Il padre si era
unito al loro movimento di liberazione,
l’Oromo Liberation Front, e
dopo la caduta del governo del Derg aveva avuto un posto nel parlamento
transitorio proprio come rappresentante dell’OLF.
In seguito alle elezioni, però, l’OLF era uscito dal governo e si era schierato contro il partito al potere.
Una mattina, all’alba, i soldati avevano fatto irruzione in casa di
Makeda, avevano messo tutto sottosopra e avevano portato via il padre.
Lei non l’aveva più rivisto.
La madre non si era data per vinta e
l’aveva cercato senza sosta. Alla fine, grazie a vecchi contatti, era
riuscita a trovarlo; aveva perfino ottenuto il permesso di fargli visita
in carcere.
Era tornata a casa muta e con gli occhi rossi. Due
giorni dopo avevano attraversato il confine keniano a bordo di una Land
Rover scassata. La madre di Makeda aveva sfruttato
tutti i suoi
contatti, si era fatta restituire tutti i favori che poteva vantare.
Erano fuggite a Londra e avevano chiesto asilo politico. Di lui non
avevano più saputo niente.
A sedici anni Makeda era stata scoperta
dal talent scout di un’agenzia per modelle. “La nuova Naon Campbell”,
così l’aveva definita. Nonostante la madre fosse contraria, la ragazza
aveva fatto un paio di casting, partecipato a qualche sfilata e posato
per alcune riviste.
Senza riuscire a sfondare.
Poi, durante la
settimana della moda milanese, aveva varcato per la prima volta il
sottile confine tra aspirante top model e squillo. Si sentiva sola e
così si era portata in camera il buyer di una catena di boutique. La
mattina dopo, quando si era svegliata, lui non c’era più.
Sul
comodino aveva lasciato cinquecento euro. “Il mio primo amante è stato
anche il mio primo cliente” diceva Makeda con un sorriso sarcastico.
Quando aveva capito che non avrebbe mai sfondato come modella, era
tornata dalla famiglia e aveva ripreso gli studi. Ma ormai si era
abituata a uno stile di vita indipendente e lussuoso. A casa si sentiva
oppressa, le idee della madre le andavano strette. Ben presto avevano
cominciato a litigare. Makeda se n’era andata di nuovo.
Per sempre.
Poi era stata scoperta da un altro talent scout, uno che lavorava per
un servizio di escort. E così era diventata una squillo. E in un certo
senso questo mestiere le aveva dato più soddisfazioni della passerella.
Conosceva Kull da poco più di un anno. Aveva accettato di lavorare per lui e si era trasferita in Svizzera.
Ma si sentiva sola.
Andrea ascoltò questa storia nella penombra della sua camera. In attesa
di un cliente si erano date appuntamento per il giorno successivo.
Nonostante il freddo avevano fatto una
passeggiata in riva al lago e poi, come se fosse l’epilogo più naturale, erano finite a letto.
Maravan aveva motivo di essere geloso. Andrea si era innamorata.
(…)
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