illustrazione di Malcolms Smith
da “Tuttomio – Andrea Camilleri
(…)
Arianna si domanda perché ha acconsentito alla richiesta di Mario, sussurratale all’orecchio mentre Giulio prendeva il portafogli.
Non è che il ragazzo era stato particolarmente brillante, ma Arianna aveva intuito che lui aveva azionato una sorta di freno inibitorio, un qualcosa che serviva a nascondere una sua diversa natura.
Era sta la curiosità a farle dire di sì?
O non piuttosto il ricordo dell’odore che le aveva lasciato addosso?
Allora Arianna si china e gli appoggia la guancia sul petto.
Dio, coma sa di buono!
Sa di pane appena sfornato.
Lo stesso odore di quando, bambina, nonna le metteva in mano la pagnottella cotta apposta per lei e lei la teneva a mani nude lasciandosi scottare perché la sua pelle, dopo, conservasse a lungo quel profumo.
Non resiste, tira fuori la punta della lingua e comincia a leccarlo.
Poi, spingendo indietro con una mano, lo costringe a distendersi sul lettino.
Ora con la lingua gli percorre avidamente tutto il corpo.
Mario getta via la sigaretta, si abbandona passivamente.
Lei ha una voglia matta di morderlo, ha assaggia già la sua carne croccante come un biscotto, ma non può, teme di lasciargli i segni.
Più tardi Giulio potrebbe accorgersene.
Gli sfila il costume, lui lascia fare, tra l’indolente e il rassegnato.
Alla fine Mario la scosta, si sfila da sotto di lei, si mette in piedi, piglia il pacchetto di sigarette e se ne accende una.
“Vuoi vedermi ancora da sola?” gli domanda Arianna.
“Io vorrei ma…”
“Ma?”
“Lo sai che no potrò rivederti né da sola né con lui. Tuo marito è stato chiaro. Due volte e basta. Mi ha detto che questa è la regola.”
“Va bene, ma la regola si può aggirare.”
“E come?”
“Come abbiamo fatto oggi.”
Mario ci pensa su.
Mette il broncio.
“E poi, dopo che sei stata con me, vai con un altro?”
Lei si stupisce.
“Non mi dire che sei geloso!”
“No.”
Allora, d’accordo?”
“D’accordo.”
Arianna sorride. Ora deve cominciare a recitare bene la parte che ha in testa. Storce la bocca.
“Però facciamo un patto.”
“Che patto?”
“Che se hai la stessa voglia di oggi è meglio lasciar perdere.”
lui si ferma a mezzo, lo slippino già infilato in una gamba.
“La voglia ce l’avevo, ma tenevo paura, per fortuna poi m’è passata.”
“Passata?” domanda ironica.
E si mette a ridere a lungo e rumorosamente, gettando la testa indietro a provocarlo.
“Che hai da ridere?”
“Passata!” ripete Arianna sganasciandosi. “Va’ via, va’, sbruffone!”
Lui mette il broncio, ora tiene i denti sul labbro inferiore ripiegato, una luce torbida gli s’accende nelle pupille.
“Se non la smetti di ridere guarda che ti meno.”
“E dove la trovi la forza di menarmi, eh?”
Arianna continua a sbellicarsi. Parla a singhiozzo.
“E quand’è che t’è passata la paura, eroe del cazzo? Eh, dimmelo,
stronzetto! Eri così spaventato mentre ti scopavo che a momenti non ce la facevi, non ti si…”
Mario fa una specie di ruggito.
(…)
(…)
Arianna si domanda perché ha acconsentito alla richiesta di Mario, sussurratale all’orecchio mentre Giulio prendeva il portafogli.
Non è che il ragazzo era stato particolarmente brillante, ma Arianna aveva intuito che lui aveva azionato una sorta di freno inibitorio, un qualcosa che serviva a nascondere una sua diversa natura.
Era sta la curiosità a farle dire di sì?
O non piuttosto il ricordo dell’odore che le aveva lasciato addosso?
Allora Arianna si china e gli appoggia la guancia sul petto.
Dio, coma sa di buono!
Sa di pane appena sfornato.
Lo stesso odore di quando, bambina, nonna le metteva in mano la pagnottella cotta apposta per lei e lei la teneva a mani nude lasciandosi scottare perché la sua pelle, dopo, conservasse a lungo quel profumo.
Non resiste, tira fuori la punta della lingua e comincia a leccarlo.
Poi, spingendo indietro con una mano, lo costringe a distendersi sul lettino.
Ora con la lingua gli percorre avidamente tutto il corpo.
Mario getta via la sigaretta, si abbandona passivamente.
Lei ha una voglia matta di morderlo, ha assaggia già la sua carne croccante come un biscotto, ma non può, teme di lasciargli i segni.
Più tardi Giulio potrebbe accorgersene.
Gli sfila il costume, lui lascia fare, tra l’indolente e il rassegnato.
Alla fine Mario la scosta, si sfila da sotto di lei, si mette in piedi, piglia il pacchetto di sigarette e se ne accende una.
“Vuoi vedermi ancora da sola?” gli domanda Arianna.
“Io vorrei ma…”
“Ma?”
“Lo sai che no potrò rivederti né da sola né con lui. Tuo marito è stato chiaro. Due volte e basta. Mi ha detto che questa è la regola.”
“Va bene, ma la regola si può aggirare.”
“E come?”
“Come abbiamo fatto oggi.”
Mario ci pensa su.
Mette il broncio.
“E poi, dopo che sei stata con me, vai con un altro?”
Lei si stupisce.
“Non mi dire che sei geloso!”
“No.”
Allora, d’accordo?”
“D’accordo.”
Arianna sorride. Ora deve cominciare a recitare bene la parte che ha in testa. Storce la bocca.
“Però facciamo un patto.”
“Che patto?”
“Che se hai la stessa voglia di oggi è meglio lasciar perdere.”
lui si ferma a mezzo, lo slippino già infilato in una gamba.
“La voglia ce l’avevo, ma tenevo paura, per fortuna poi m’è passata.”
“Passata?” domanda ironica.
E si mette a ridere a lungo e rumorosamente, gettando la testa indietro a provocarlo.
“Che hai da ridere?”
“Passata!” ripete Arianna sganasciandosi. “Va’ via, va’, sbruffone!”
Lui mette il broncio, ora tiene i denti sul labbro inferiore ripiegato, una luce torbida gli s’accende nelle pupille.
“Se non la smetti di ridere guarda che ti meno.”
“E dove la trovi la forza di menarmi, eh?”
Arianna continua a sbellicarsi. Parla a singhiozzo.
“E quand’è che t’è passata la paura, eroe del cazzo? Eh, dimmelo,
stronzetto! Eri così spaventato mentre ti scopavo che a momenti non ce la facevi, non ti si…”
Mario fa una specie di ruggito.
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