28 luglio 2018

Sonetto XCVIII – Pablo Neruda

opera di Alphonse Mucha
Sonetto XCVIII – Pablo Neruda

Questa parola, questa carta scritta
dalle mille mani d’una sola mano,
non resta in te, non serve per i sogni,
cade nella terra; lì continua.

Non importa che la luce o la lode
si versino ed escano dalla coppa
se furono tenace tremito del vino,
se si tinse la tua bocca d’amaranto.

Non vuol più la sillaba tardiva,
ciò che getta e ritira la scogliera
dei miei ricordi, l’irritata schiuma,

non vuole che scrivere il tuo nome.
E benché il mio cupo amore lo taccia
più tardi lo dirà la primavera.

Trad. Giuseppe Bellini

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