opera di Alphonse Mucha
Sonetto XCVIII – Pablo NerudaQuesta parola, questa carta scritta
dalle mille mani d’una sola mano,
non resta in te, non serve per i sogni,
cade nella terra; lì continua.
Non importa che la luce o la lode
si versino ed escano dalla coppa
se furono tenace tremito del vino,
se si tinse la tua bocca d’amaranto.
Non vuol più la sillaba tardiva,
ciò che getta e ritira la scogliera
dei miei ricordi, l’irritata schiuma,
non vuole che scrivere il tuo nome.
E benché il mio cupo amore lo taccia
più tardi lo dirà la primavera.
Trad. Giuseppe Bellini
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