8 settembre 2018

da “I segreti della tavola di Montalbano” – Stefania Campo

Felice Boselli -Dispensa con ortaggi funghi selvaggina testa di vitello
da “I segreti della tavola di Montalbano” – Stefania Campo

Camilleri ha creato un intero mondo immaginario che trova tuttavia corrispondenze precise con paesini siciliani, luoghi e personaggi tutt’altro che irreali. Sono numerosissime le località e trattorie dell’agrigentino citate nei romanzi: Da Cosma e Damiano a Fanfara, Da Filippo che si mancia bene, un’osteria sulla strada di Fiacca, Giugiù ù carritteri, sulla strada per Giardina, Il ristoro del camionista, su quella per Montelusa; e ancora La cacciatora, l’osteria a Joppolo Giancaxio, il ristorante a Caltabellotta, quello consigliato da Ingrid, Da Peppino a Racalmuto, la Trattoria di Santino a Mascalippa, l’osteria vicino al bar di Marinella. Tutti nomi di fantasia che alludono chiaramente a località reali: Montelusa è Agrigento, un piccolo furto a Pirandello che l’autore dichiara apertamente; Vigàta invece è una sua invenzione, per la quale Camilleri non è debitore a nessuno. Fela è Gela, Fiacca è Sciacca, Sampedusa è Lampedusa, ecc. L’autore in modo divertente ne ha semplicemente modificato i nomi:“Mi capita questa cosa, che io le storie non me le so inventare di sana pianta; ho bisogno di una spinta di verità”.
A questa mappa geografica corrisponde un itinerario gastronomico da cui emerge la varietà della tradizione culinaria siciliana, con riferimenti che rievocano l’antica Grecia, la tradizione araba e spagnola, ma anche la cucina francese, quella dei Monsù. Le caratteristiche dei piatti cambiano in relazione alle zone dove il commissario si ferma a mangiare; a ognuna corrisponde un piatto tipico, così che nella parte occidentale dell’isola
troviamo le pietanze che maggiormente hanno risentito dell’influenza araba, sulle coste si gustano piatti prevalentemente a base di pesce, mentre all’interno padroneggiano ottime pietanze a base di carne, legumi e formaggi, e in generale cibi legati alla cultura contadina.
Nel rintracciare i luoghi che hanno ispirato lo scrittore, imbattersi nelle stesse trattorie dei romanzi e ordinare le medesime pietanze, l’importante è che la ricerca sia fatta alla maniera di Montalbano, ripercorrendo cioè le strade secondarie che conducono alla scoperta della Sicilia più aspra e incontaminata; è risaputo infatti che il commissario detesta le autostrade e le strade a scorrimento veloce: “…decise invece di tagliare trasversalmente l’isola trovandosi così a percorrere, fin dai primi chilometri, straduzze lungo le quali i superstiti contadini interrompevano il travaglio per taliare, stupiti, quell’auto azzardosa che passava da lì.(…) Quella però era la Sicilia che piaceva al commissario, aspra, di scarso verde, sulla quale pareva (ed era) impossibile campare e dove ancora c’era qualcuno, ma sempre più raro, con gambali, coppola e fucile in spalla, che lo salutava da sopra la mula portandosi due dita alla pampèra”. (La voce del violino)

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