20 maggio 2018

Aspettare vent’anni – Tino Villanuova

Dipinto di Rob Hefferan
Aspettare vent’anni – Tino Villanuova

Proprio quando pensavo che le stelle luminose dell’amore
non brillavano più per me, che dovevo starmene in disparte,

una donna che vive di lamenti più che di speranza,
scesi gli scalini per vedere giù nella sala

il mendicante, che il giorno prima aveva camminato
dritto nel mio sguardo; non era un mendicante straniero,

ma Odisseo, davvero, l’uomo che amo come una donna
sa amare una volta sola. Dal momento che entrammo

nella nostra stanza, in quell’abbraccio così a lungo atteso, col pianto negli occhi,
felici nella stretta perfetta delle nostre braccia, io riconobbi

nel mio cuore, ciò che solo una sposa saprebbe riconoscere, che finalmente
è a casa con il suo sposo, ed è finita l’agonia dell’amore.

Amanti a lungo separati, bevemmo e bevemmo, ci arrestammo
… e poi bevemmo ancora alla fonte dei nostri baci. Ringraziai

tre volte gli déi, ringraziai il mare. Poi su di me si sparse come un’onda
il desiderio ed io mi sciolsi all’altezza delle ginocchia, quando le tuniche

caddero dai nostri corpi ai piedi del letto scavato nell’olivo,
il corpo si risvegliò come quando a un battito d’ali

un uccello in gabbia sente ancora il richiamo del volo. Ero rimasta per anni nella
desolazione del mio cuore, ma ben attenta agli uomini che mi stavano di fronte,

e agli dèi mascherati. Ora l’uomo atteso così a lungo
era stato portato dalle onde nella mia stanza. Aprii gli occhi

e vidi, oltre il tetto, una distesa di cielo,
e Odisseo che navigava saldo sopra di me. Nella vita

di due corpi, l’uno dispone del movimento dell’altro, mentre ambedue
muovono verso il senso che ha essere marito e moglie

dopo vent’anni d’attesa. E ciò che ci dicemmo portò
l’amore sempre più in alto: lo fece salire al sommo

del piacere dove non c’è suono che possa essere udito, salvo
il suono di due amanti in una stanza colma d’amore

dove uno sposo e una sposa giunsero infine, ormeggiati
l’uno all’altro, a quel momento sognato, immaginato, assoluto

del rapimento, al di là delle parole, sapore di dolcezza
per noi mortali. O cuore stupito ed esaltato quando

scopre che sperando contro ogni speranza ha ottenuto
la propria ricompensa. A lui, la notte scorsa, ho dato tutto di me. Atena

aveva tenuto a freno i cavalli dell’aurora e aveva prolungato la notte.
L’alba e i primi tocchi di colore ci trovarono ancora

allacciati l’uno nelle braccia dell’altro, Odisseo ed io, senza parole,
consapevoli che è amore, come sempre, la luce per cui viviamo.

da “Così parlò Penelope

Traduzione di Paola Mildonian
Tino Villanueva. Penelope e il suo poeta. A cura di Paola Mildonian
Da “Poesia” n. 337, maggio 2018. Crocetti Editore

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