Dipinto di Rob Hefferan
Aspettare vent’anni – Tino VillanuovaProprio quando pensavo che le stelle luminose dell’amore
non brillavano più per me, che dovevo starmene in disparte,
una donna che vive di lamenti più che di speranza,
scesi gli scalini per vedere giù nella sala
il mendicante, che il giorno prima aveva camminato
dritto nel mio sguardo; non era un mendicante straniero,
ma Odisseo, davvero, l’uomo che amo come una donna
sa amare una volta sola. Dal momento che entrammo
nella nostra stanza, in quell’abbraccio così a lungo atteso, col pianto negli occhi,
felici nella stretta perfetta delle nostre braccia, io riconobbi
nel mio cuore, ciò che solo una sposa saprebbe riconoscere, che finalmente
è a casa con il suo sposo, ed è finita l’agonia dell’amore.
Amanti a lungo separati, bevemmo e bevemmo, ci arrestammo
… e poi bevemmo ancora alla fonte dei nostri baci. Ringraziai
tre volte gli déi, ringraziai il mare. Poi su di me si sparse come un’onda
il desiderio ed io mi sciolsi all’altezza delle ginocchia, quando le tuniche
caddero dai nostri corpi ai piedi del letto scavato nell’olivo,
il corpo si risvegliò come quando a un battito d’ali
un uccello in gabbia sente ancora il richiamo del volo. Ero rimasta per anni nella
desolazione del mio cuore, ma ben attenta agli uomini che mi stavano di fronte,
e agli dèi mascherati. Ora l’uomo atteso così a lungo
era stato portato dalle onde nella mia stanza. Aprii gli occhi
e vidi, oltre il tetto, una distesa di cielo,
e Odisseo che navigava saldo sopra di me. Nella vita
di due corpi, l’uno dispone del movimento dell’altro, mentre ambedue
muovono verso il senso che ha essere marito e moglie
dopo vent’anni d’attesa. E ciò che ci dicemmo portò
l’amore sempre più in alto: lo fece salire al sommo
del piacere dove non c’è suono che possa essere udito, salvo
il suono di due amanti in una stanza colma d’amore
dove uno sposo e una sposa giunsero infine, ormeggiati
l’uno all’altro, a quel momento sognato, immaginato, assoluto
del rapimento, al di là delle parole, sapore di dolcezza
per noi mortali. O cuore stupito ed esaltato quando
scopre che sperando contro ogni speranza ha ottenuto
la propria ricompensa. A lui, la notte scorsa, ho dato tutto di me. Atena
aveva tenuto a freno i cavalli dell’aurora e aveva prolungato la notte.
L’alba e i primi tocchi di colore ci trovarono ancora
allacciati l’uno nelle braccia dell’altro, Odisseo ed io, senza parole,
consapevoli che è amore, come sempre, la luce per cui viviamo.
da “Così parlò Penelope
Traduzione di Paola Mildonian
Tino Villanueva. Penelope e il suo poeta. A cura di Paola Mildonian
Da “Poesia” n. 337, maggio 2018. Crocetti Editore
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