John William Waterhouse - I am Half-Sick of Shadows
Un campione di tessuto – Tino Villanueva
Concedetemi l’arte del tessere, più sottile del lavoro del bronzo: la pietra è così brutale, così pesante, così fredda. Un pezzo di stoffa lo compongo anzitutto nella mia mente e lo tengo lì, accordando le figure e i disegni allo sfondo che ho scelto, aggiungendo e togliendo a mio piacere, mentre me ne sto seduta con i miei pensieri: e ciò equivale a dire che un campione di stoffa di qualsiasi tipo comincia con un nulla, se nulla è qualunque cosa un telaio di legno, ritto e vuoto, è disposto a contenere. Il fremito del filo giunge più tardi, quando infine ho scelto da una cesta di informi e confusi colori di filati di lana, cosciente che i colori più maturi sono talvolta i migliori; ma è pur vero che con la vampa di altri colori la luce più calda appaga lo sguardo. Allora e solo allora, rassicurata, spingo la spola sopra-e-sotto-su-e-giù-ava ntie-e-indietro.
Non è facile tradurre in tessuto dei sentimenti. Ma una volta che
intraprendo il mio lavoro, ogni vota che intreccio i fili attraverso la
trama e lego-annodo-e-taglio-e-tes so
un pezzo in più, il valore del tessuto si rafforza come quando un bardo
prende a narrare una storia e la eleva al canto, esaltando di parola in
parola, il suono delle corde della sua lira. Ad ogni fase, io gli do la
forma del mondo che mi è noto – posso vederlo e le mie dita lo
conoscono quando la spoletta scivola tra di esse più e più volte, dita
che lavorano con la destrezza di un ragno. Quando penso di essere giunta
alla fine, il lavoro non è finito e mi induce a intraprendere un
percorso diverso per cui disfo, cambio il modello della trama, vi
dipingo un altro colore. E continuo a lavorare da sola in questa mia
stanza con la premura di una donna determinata, al punto che talvolta
dimentico di mangiare e a momenti ogni sofferenza scompare. Ringrazio
gli dei che non ho un bronzo da percuotere e curvare; né un blocco di
pietra da tormentare. O sia benedetta l’arte del tessere, più fine del
lavoro del bronzo. Troppo brutale è lavorare la pietra, così pesante,
così fredda.
da “Così parlò Penelope
Traduzione di Paola Mildonian
Tino Villanueva. Penelope e il suo poeta. A cura di Paola Mildonian
Da “Poesia” n. 337, maggio 2018. Crocetti Editore
Concedetemi l’arte del tessere, più sottile del lavoro del bronzo: la pietra è così brutale, così pesante, così fredda. Un pezzo di stoffa lo compongo anzitutto nella mia mente e lo tengo lì, accordando le figure e i disegni allo sfondo che ho scelto, aggiungendo e togliendo a mio piacere, mentre me ne sto seduta con i miei pensieri: e ciò equivale a dire che un campione di stoffa di qualsiasi tipo comincia con un nulla, se nulla è qualunque cosa un telaio di legno, ritto e vuoto, è disposto a contenere. Il fremito del filo giunge più tardi, quando infine ho scelto da una cesta di informi e confusi colori di filati di lana, cosciente che i colori più maturi sono talvolta i migliori; ma è pur vero che con la vampa di altri colori la luce più calda appaga lo sguardo. Allora e solo allora, rassicurata, spingo la spola sopra-e-sotto-su-e-giù-ava
da “Così parlò Penelope
Traduzione di Paola Mildonian
Tino Villanueva. Penelope e il suo poeta. A cura di Paola Mildonian
Da “Poesia” n. 337, maggio 2018. Crocetti Editore
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