Egon Schiele - Two girls (Lovers), 1914
da “Crocevia” - Mario
Vargas Llosa
(…)
Lei
non disse niente, ma chiudendo gli occhi si girò e cercò la bocca che la
baciava e le mordeva piano il collo, le orecchie e i capelli. Alzò le mani,
afferrò la treccia e infilò le dita tra i capelli dell’amica, mormorando: -
Posso disfarti la treccia? Voglio vederti con i capelli sciolti e baciarli,
tesoro - . Allacciate, serissime, lasciarono il terrazzo e, attraversando il
salotto, la sala da pranzo e un corridoio, raggiunsero la camera da letto di
Chabela.
Le
tende erano tirate e nell’ampia stanza coperta di tappeti regnava una penombra
discreta, con i quadri alle pareti - Marisa riconobbe uno Szyszlo, un Chàvez,
un piccolo Botero e due litografie di Vasarely - e civettuoli comodini ai lati
del letto, che sembrava appena rifatto. Mentre si spogliavano a vicenda in
silenzio, si accarezzavano e si baciavano. Stordita dall’eccitazione e dal
piacere, Marisa ebbe l’impressione, in quel momento congelato e intenso, di
udire una lieve melodia che veniva da chissà dove, come se fosse stata scelta
apposta per fare da sottofondo all’atmosfera di abbandono e di felicità nella
quale era immersa. Si amarono e provarono piacere e, mentre accadeva, fuori
dalla stanza sorgevano lontani, piano piano, voci, motori, clacson, la luce
sterna si faceva più intensa e a Marisa parve persino che le onde si
infrangessero sempre più forte e più vicino. A poco a poco, esausta, scivolò
nel sonno. La treccia di Chabela era ormai disfatta e i suoi capelli erano
sparsi sul viso, sul collo e sul seno di Marisa.
(…)
Traduzione
di Federica Niola, Giulio Einaudi Editore s.p.a. Torino 2016
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