17 maggio 2018

da “Le relazioni culinarie” – Andreas Staikos

da “Le relazioni culinarie” – Andreas Staikos
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Prezzemolo danzante

Fu a causa degli aromi sopraffini che si insinuavano invisibili attraverso le finestre aperte dei loro appartamenti al sesto piano di via Averof 18 che i destini di Damocle Dimos e Dimitris Isavridis si intrecciarono.
Il loro primo incontro davanti all’ascensore fermo al piano ebbe come risultato uno scambio di saluti.
Durante la discesa il loro silenzio fu interrotto da Damocle, che dei due era in qualche modo il più espansivo: “Lei il prezzemolo lo fa danzare, eh? Si capisce che le piace in insalata”. L’osservazione di Damocle infastidì moltissimo Dimitris Isavridis. Gli affiorarono alla mente pensieri tutt’altro che lusinghieri sul conto del vicino. Dal momento che i balconi delle loro cucine erano divisi solo da un vetro smerigliato, Dimitris immaginò Damocle che, arrampicato su uno sgabello, allungava il collo e si muoveva accortamente nel tentativo di strappare brandelli delle sua vita privata. Il vicino si stava rivelando un vero e proprio guardone gastronomico. Infatti era vero che a Dimitris piaceva raccogliere in un’insalatiera un bel po’ di prezzemolo mondato dei gambi e tagliuzzato finemente con forbici di cucina. E che le verdissime foglioline, così finemente tagliuzzate, volteggiavano danzando come coriandoli nell’insalatiera non appena erano liberate dalla morsa delle forbici. Cissaà quante altre cose aveva spiato quel mascalzone! Magari l’aveva visto seminudo, con indosso solamente il grembiule e il cappello da cuoco.
Dimitris infatti si dava alla gastronomia tra un assalto amoroso e l’altro,
quando Nanà veniva a trovarlo. Spesso anche Nanà, seminuda o nuda, lo seguiva in cucina e gli faceva compagnia mentre lui spremeva un limone o rosolava pezzi di pollo. L’infame guardone doveva ave visto tutto. Dimitris rabbrividì e tacque, così che Damocle giunse alla conclusione che il suo vicino era un individuo asociale e introverso, che non poteva essere lui la fonte di quei profumi, e che doveva appartenere alla categoria degli scapoloni inaciditi che vivono ancora con la mamma. A cucinare doveva essere sicuramente la madre, o una zia venuta dal paese.
Quando uscirono dall’ascensore Dimitris, recuperando il sui sangue freddo, si rivolse a Damocle: “Mi permette di offrirle un caffè al bar di fronte?”
“Con vero piacere” rispose Damocle che vedeva così smentita l’opinione frettolosa che si era fatta a proposito del suo taciturno vicino.
Al bar non si scambiarono una parola, limitandosi a fumare una sigaretta dopo l’altra e a inghiottire sorsate di caffè. Il caffè finì molto presto, e dopo qualche altra goccia di vuoto, Dimitris, pallido come un cencio, osò finalmente balbettare: “Avrà senz’altro visto il grosso neo che ho sulla natica sinistra”. Damocle rimase a bocca aperta. “Confessi che l’ha visto” riprese Dimitris ostentando indifferenza. “E se non l’ha notato, la posso capire. Al mondo esistono cose più attraenti del neo che ho sulla natica sinistra. Per esempio, gli zoccoletti della mia amica. Quelli con il tacco alto e il pompon nero. Questo pompon, la capisco sa, la eccita. E’ di piume di struzzo. E la sua unghia, l’unghia vermiglia del suo alluce” concluse Dimitris senza prender fiato.
Damocle era impietrito. Da quella descrizione riconobbe gli zoccoletto che lui stesso aveva regalato alla sua adorata Nanà. E aveva riconosciuto anche l’unghia vermiglia.
“Insomma, signore” riprese Dimitris perdendo la pazienza, “vuole dirmelo o no? Come fa a sapere che faccio danzare il prezzemolo?”
(...)

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