17 maggio 2018

da "Tatuaggio" - Manuel Vasquez Montalban

dipinto di Paul Schulenburg
Manuel Vasquez Montalban – tatuaggio

(…)
Non poteva essere che il campanello della porta. La mano di Pepe Carvalho palpava la sveglia ma il cuore del nervoso animale non stava trillando. Qualcuno bussava. Qualcuno bussava alla porta. Batté la spalla nuda di Charo, che emergeva tra le onde delle lenzuola.
“Qualcuno bussa.”
“Apri.”
“Questa casa è tua. Vai a vedere chi è.”
“Che ore sono?”
Charo era ormai quasi sveglia e sembrava interessarsi a quel che succedeva.
“L’una.”
“Di notte?”
Pepe Carvalho le indicò gli spicchi di sole sul pavimento della camera che filtravano sotto l’uscio. Charo saltò giù dal letto. Tremò nella sua nudità e si infilò una vestaglia di seta ricamata. Calzò le pantofole dell’uomo, si ravviò con una mano i capelli arruffati e uscì. Carvalho, ormai quasi in piedi, ascoltò un po’ allarmato i rumori abituali della porta che veniva aperta, la conversazione, la porta di nuovo chiusa. Le pantofole tornarono indietro strappando rumore dal parquet. Charo aveva sul volto una smorfia seccata e delusa.
“La Grassa.”
“Chi?”
“La Grassa. L’apprendista della parrucchiera Queta. Ti sta cercando. Il padrone vuole vederti.”
“Perché? Come ha fatto a sapere che ero qui?”
“In che quartieri pensi che io viva? Mandala a quel paese, se non ti interessa.”
Ma Pepe era già uscito dalla stanza e si trovò di fronte un’adolescente grassa. Le quattro prominenze della ragazza non annullavano il predomino della malizia opaca dei suoi occhi, che scrutarono la seminudità di Carvalho come in una dichiarazione di complicità.
“Il padrone vuole vederla.”
“E chi è questo tuo padrone?”
“Il signor Ramòn, il marito della signora Queta.”
“Cosa vuole?”
“Dice che lei deve andare a trovarlo. Che è urgente. Tenga.”
Gli porse un foglio di carta. Carvalho aprì un altro po’ la porta per riuscire a leggere: “Ho tra le mani una questione che può interessarla”. Carvalho posò il biglietto sopra la mensola dell’ingresso e tornò in camera. Indossò gli indumenti ammucchiati su una sedia a dondolo, mentre Charo si schiacciava i punti neri allo specchio della toeletta.
“Torno domani. Hai molti appuntamenti oggi?”
“Quatto o cinque, dalle sette in poi.”
“Tranquilli?”
“Psé. Un po’ di tutto. Ma puoi venire qui a dormire se vuoi.”
“Devo passare da casa mia. Caso mai ci fosse posta. Ho trascurato le mie cose, ultimamente.”
Carvalho andò verso l’ingresso ma d’improvviso cambiò rotta, entrando in cucina. Il frigorifero gli offrì una luminosità analoga al suo vuoto. cacciò il dito nella panna montata di un pasticcino e poi se lo succhiò. Decise di prendere un bicchiere di acqua ghiacciata e mezza tavoletta di cioccolato. Notò che la bottiglia di champagne, una costante nel frigorifero di Charo, era ancora a metà. La stappò e bevve qualche sorso dello champagne liscio e gelido, ormai sgasato. Svuotò il rimanente nell’acquaio e, voltandosi, vide Charo appoggiata allo stipite della porta, con la faccia coperta di crema, e avvolta in un accappatoio bianco.
“Grazie per avermela svuotata.”
“era andata a male.”
“Mi piace andato a male.”
“Scusami.”
Ma Charo era scomparsa dal vano della porta e gli aveva liberato la strada. Carvalho raggiunse l’ingresso dove la Grassa stava aspettando tra sbuffi d’impazienza.

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