Claude Monet - The Seine at Rouen
Velieri - Fabia GhenzovichVelieri incerti su rotte terminali
confondono l’orecchio canti di sirene.
La voce che svela è sepolta sotto strati
di frastuono nella città in corsa
su un binario morto al bivio
dove il secolo collassa
chi resiste allo spaesamento
al buio della perdita all’odore del sangue?
Chi alla fame d’amore per amore
su sentieri senza tracce incalza orizzonti
con l’animale dentro spinto in avanti
a generare avvento nuovo?
Chi per primo sorridendo grida
terra terra!
Sono quello che vedi di me – che tu vuoi
vedere – la santa inquisizione di quello
che vuoi che io sia con intenzione
e costrizione per tuo solo piacimento
per tuo costrutto allo stremo del tutto
scontato e già di me detto che mai
sono stata né sono né di questa mia
da te libertà nulla potrai sapere
dell’affondo – taglio che aprendo
s’increspa in abbrivio di sorgiva
in santità di un sorriso che dal fondo
del corpo scavalca il suo confine
sotterranea impronta di te Sibilla
Diana delle fonti luna blanca
Loba BabaJaga maga strega.
Per il pane buono del corpo
per questo stare fecondo
– nonostante –
per questa voce chi dice salva
la pace – chi dice Sibilla?
In bilico il passo poi
ritorno mai balzo in avanti
per aperture per suture
rincorse e scomposti arretramenti
così cieco il mondo fuori
così ignaro il mondo dentro
se la grazia del sasso
non vede per cerchi lontani
sull’acqua inseguirsi
– delta di sconfinamento –
toccarsi generarsi.
Ha della lupa l’occhio fine
il seme selvatico e una storia
vecchia la Loba cantando
un osare un fiuto un vedere
a ritroso un futuro lontano
ricompone la vecchia le ossa
ritesse plasmando
primaria natura che svaria
sfuria e sconquassa questa gola
di risacca questa aridità di steppa.
Mi tira la gonna mi tenta
scuote piano i capelli
più forte il richiamo confonde
sovverte si allarga e spalanca
la gioia inattesa che sale
più densa più ardita pervade
e ritorna più viva
alla parte di me infinita
di me pluraleindivisa.
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