dipinto di Viktor Sheleg
da Porci con le ali – Marco Lombardo Radice e Lidia RaveraLisa ha portato una bottiglia di spumante. «È cattivo, ma era così, un po’ per fare festa, perché qua ci veniamo sempre come se ci mancasse il coraggio di non venirci.»
Non del tutto vero, ma Cinzia insorge e dice che non è vero affatto. «Stiamo benissimo e tu sei la solita disfattista di merda.» Per lei il gruppo è talmente importante che sarebbe disposta a uccidersi per tenerlo in piedi. Intendo dire che quando si è grasse come Cinzia, il femminismo diventa una dannata via di scampo dalla solitudine e dai complessi, una cosa per cui ti faresti tagliare un orecchio. Lisa insiste: «O non hai occhi per vedere o non ti vuoi rendere conto. C’è una stracca da un po’ di tempo in qua, non dico che sia sempre stato così, ma adesso è così». «Per me il mercoledì è la serata più bella. Io sto bene con voi, vi racconto i miei sogni e la mia infanzia e di mio padre e di mia madre e tutto il resto» (Cinzia sta per piangere). «Senti adesso è inutile che ci fai il carosello sulle gioie dell’autocoscienza. Sappiamo benissimo che è importante. Che ha contato un casino per tutte.» «Be’, non la stappiamo la bottiglia?» faccio io, accomodante. Ma ormai, il brindisi è diventato una questione di principio. C’è tensione.
Nessuna beve. Tullia si gingilla con la collanina in bocca.
Sempre serafica lei. A me invece mi sta pigliando un’angoscia assurda: possibile che ciclicamente noi ci ritroviamo a dirci che una volta era meglio, che non ci vogliamo abbastanza bene, che dobbiamo provare più piacere a stare insieme eccetera. A ridirci che dovremmo fare una festa, tutta fra noi, senza ragazzi. A ridirci che parlare non basta, che ci conosciamo da più di un anno (solo Tullia non è a scuola con noi. Lavora da segretaria).
È sempre Lisa a incominciare.
È una che non si accontenta mai. Non l’ho mai vista sorridere per più di un secondo.
Nessun commento:
Posta un commento