3 marzo 2020

Ritratti - Pasquale Montalto

 Recensione del Professor Pasquale Montalto
edita dalla Libraria Padovana Editrice, www.literary.it

Ritratti
Il libro Ritratti che il poeta Enzo Montano ci consegna tramite le Edizioni di Apollo, ha molti pregi, come quello di collocarsi in un preciso momento storico della propria vita e per fare il punto sulla propria esistenza, raccontando in poesia gli aspetti salienti della propria esperienza, facendone una sintesi a mo’ di resoconto, con sottolineature politiche e sociali, e intersecando le varie condizioni economiche del territorio e del contesto antropologico; inoltre spazia, con opportuni distanziamenti e cambi tematici, per non appesantire la lettura dei testi, tra modernità e classicità, con citazioni e riferimenti che fanno capo al cantautore Francesco Guccini e al mondo della letteratura, con forti richiami mitici provenienti dal mondo omerico: “Mentre la vela, dunque, volge / verso la mia Itaca definitiva, / io che ricordo legioni di illusioni / schierate come nell’assedio di Cartagine /che beffarde mi hanno guardato / in ogni giorno che sgranava via, / io che non ho costruito nessun tipo di difesa, / quando la rotta sarà solo un segno breve / sulla mappa, prima dell’approdo, / quando l’inventario sarà chiuso, / forse avrò ancora una residua illusione: / qualcuno conserverà di me /un ricordo.”, (pg. 66).
Una varietà di temi e di sfaccettature proposte dall’Autore, magistralmente ben colte in Prefazione, dall’alto della loro conoscenza e esperienza, da Rudy De Cadaval e Claudia Formiconi, e che si prestano ad una varietà di letture a seconda della direzione e della prospettiva che si analizza. “La poesia di Enzo Montano, dal verso fortemente narrativo … ci ri-porta al passato e al presente, contemporaneamente, senza alcun salto e spazio temporale” dicono Formiconi e De Cadaval “perchè la vita, come dice Enzo Montano, non è altro che una raccolta di ritratti, custoditi dalla nostra memoria”, (pgg. 18, 21).
Ci sono così e in un cammino parallelo vari modi di avvicinarsi alla poesia di Montano, per come ce la fa conoscere attraverso questo testo, denso nei contenuti e ben fatto sul piano della realizzazione editoriale e nella forma strutturale complessiva. La visione che scaturisce dalla lettura del libro e che a me è più congeniale è sicuramente quella esistenziale, che a mio modo di vedere attraversa la poesia di Montano dalla prima all’ultima poesia.
Già il titolo, che prende nome dall’omonima poesia Ritratti, porta con sé l’idea e il richiamo di tracciare il profilo di qualcuno, che non può che essere quello dell’Autore stesso: Il ricordo di un giorno di altra epoca o un profumo o un sogno / oppure un rumore una musica un’eco o solo un tintinnio leggero, / squarciano l’oblio per riportare la poesia di un passato / doloroso spesso ma dolce al cambio del tempo imposto (…), pg. 186. A questa poesia, che chiude il libro, risuona la poesia d’apertura Viaggio, dove l’Autore sottolinea l’importanza del vivere in armonia con la natura e ascoltando il proprio mondo interno: ogni cosa ha gli incerti contorni dei mondi fantastici, /effimero luogo costellato di momenti cercati vissuti, /qualche volta sofferti / al tempo stesso divenuti passato immutabile; / episodi aleatori a cui ci ostiniamo a dare logici significati (…), pg.25; e sono Attimi, attimi di Vita vissuti, dove ritrovare il senso completo di un’intera esistenza: Ecco la vita una parentesi breve nell’immensità,/un cucchiaino di mare nell’oceano profondo,/un pulviscolo d’atmosfera volatile, un bianco soffione/una danza perenne sulle possibilità verità relative / sul palcoscenico dell’eternità imperturbabile / apparizione illusoria in un film di Fellini / …eppure un’intera esistenza (…), pg. 27.
Una poesia che a mio modo di vedere rende bene il senso completo di questa Silloge è Io sono la mia Terra (cfr. pgg. 28-31), che è bene leggerla per intero e tenere come costante riferimento in questo nostro dire, perché in essa veramente il poeta esprime, con verso ritmico e sonoro, ben costruito e robusto nel contenuto, tutto l’amore che gli arriva da una infanzia trascorsa in serena e spensierata mitezza, a diretto contatto con un territorio, quello Calabrese, intriso di grecità e di energia mitica, quella del Mito Omerico. Ecco alcuni versi del poeta: “Io sono i cocci delle anfore greche, / costellazioni tra le brune zolle, / frantumati dalla punta del vomere”, (pg.28).
Questo contatto diretto con il mondo naturale e l’ambiente periferico e contadino, agreste, così tanto impregnato dal profumo dei fiori, delle foglie secche e dei vitigni, dell’uva pronta alla raccolta, smuovono nell’allora giovane animo del poeta, oltre che la sensibilità per il mondo emozionale e affettivo, anche una particolare attenzione verso la durezza del lavoro nei campi e le condizioni sì serene ma anche difficili e deprivate del mondo culturale, sociale e economico. Questi stati sono così giunti al punto di riversarsi con maturità di dettato esistenziale nella poetica attuale dei suoi versi.
Ecco le parole del poeta:
(…) Io sono la tenerezza della malvarosa
e la prepotenza del rosso sconfinato dei papaveri,
e la tristezza di un’acacia che muore lungo la via.
Io sono l’estate rovente densa di mirto rosmarino
[e finocchietto
che infuoca le narici e brucia i polmoni.
Io sono l’incessante canto della cicala incurante
[della morte prossima.
Io sono il mistero della controra
quando tutto sembra fermo col sole unico signore
e i pochi temerari che lo sfidano hanno un motivo
[inconfessabile.

( …) Io sono i briganti negli sterminati boschi
in lotta con il freddo e la falsa unità d’Italia.
(…) Io sono le classi strapiene di bambini
di una scuola di campagna in primavera lontana.
Sono i bambini che rubano le ciliegie e
sono l’ortolano buono che finge di arrabbiarsi.
Io sono coloro che hanno abbandonato le case
verso l’ignoto sconosciuto oltre l’oceano (…),
(pg. 28-29, 30).
Ed ecco poi come Enzo Montano conclude questa sua bella poesia:
(…) Io sono l’alloro il corbezzolo e l’oleandro.
Io sono la terra del silenzio e della luce che cantano inni
alla Bellezza come un coro in una cattedrale.
Io sono lo scirocco che sa di cannella.
Io sono la pioggia gialla del deserto.
Io sono la cenere dell’urna che si disperde.
Tra l’erba rugiadosa di un mattino colmo di promesse.
Io sono la mia terra ed è quello che Voglio.,
(pg 31).
Altre poesie, variamente introdotte con richiami alle letture dei classici della letteratura, e che in certo qual modo veicolano le scelte della sua fenomenologia esistenziale, del suo porsi nella quotidianità, rendono merito dell’ampia e dotta cultura dell’Autore e della sua libera scelta di agire in stretto contatto con le leggi della natura e della vita. E’ il desiderio dell’Autore di stilare il proprio stesso Ritratto, di riflettere su sé stesso dal punto alto e avanzato della propria vita attuale, vedendo anche di tracciare un resoconto, a partire da ciò che è stato in termini di successi e insuccessi, di scontri e incontri, di serrato confronto con sé stesso (cfr le poesie Imago, Inventario e poi Storie, pg 60, 63,68).
Significativa è la poesia Lucania e poi Il colore degli dei, dove il poeta incontra la sua Terra d’appartenenza, ne riafferma e ne celebra la vicinanza e con gratitudine ne riconosce l’accoglienza. In questa terra, ricca di significanze simboliche e mitiche, di naturalità, dove ha costruito conoscenze e amicizie, cambiato riferimenti e ambienti di vita, che lo ha visto attivo e impegnato nel lavoro l’Autore sente di non potersene mai staccare: “Questi i luoghi dei fieri Lucani Enotri / e forse di Italo, il mitico re. / Terra dei molti domini ma di un solo orgoglio / muto nella sconfinata ostinazione”, dice l’Autore e poi continua “Questa terra feconda in grazia agli dei /dagli sterminati campi verdi di grano e orzo /che in primavera di ogni giorno fanno una festa /quando esplodono infinite sfumature di colori /e in autunno si colmano le anfore /di vino buono e dolce, rosso come il rubino. /Qui c’è la mia bottega, qui si lavora /per creare le ceramiche più belle /degne della potenza degli dei.”, (pg. 82, 110).
In queste poesie, e soprattutto in quelle che seguono, come ossatura del senso civico e morale del libro, c’è la protesta e l’idealismo sindacale di poter trasformare la condizione dei lavoratori e delle donne che cercano emancipazione e riscatto, partecipazione (cfr. le poesie Salomè, Lo Specchio, Il Popolo Ancora, pg. 71, 83, 96).
Ma c’è pure l’incontro e la valorizzazione con i sani Principi e i Valori che guidano l’azione dell’uomo, e che lo spingono verso l’impegno trasformativo e evolutivo del proprio ambiente di vita, anche attraverso l’attivismo politico e sociale, rivisitando le parti migliori di sé, esplicitando senso civico, socialità e etica. C’è in sostanza, in questa parte conclusiva del libro, un serrato confronto con le sue esperienze di vita, con quello che è riuscito a realizzare e costruire, attraverso la propria esistenza, vissuta con passione e impegno (cfr le poesie Venticinque Aprile, Lontananze, Impertinente, pg 123, 129,139).
Un libro, dunque, dai molti pregi, dalle tante sfaccettature, con una struttura libera e plastica. Una poetica esistenziale di recupero del proprio passato e del senso profondo della propria vita, attualizzandone i contenuti nella presa di coscienza di poter vivere pienamente la propria quotidianità, nel senso del vivere i rapporti con gli altri e nel relazionarsi con l’Ambiente e con la Vita. Un vero contributo all’esistenza, attraverso il linguaggio della poesia e di un verso a volte pacato e sonoro, altre volte vorticoso e lungo, preso dal bisogno e dall’urgenza di dire e di riportare i segni della storia, l’impegno nelle scelte ideologico politiche e le scelte nella democraticità sociale (cfr pg 151,171, 175).

http://www.literary.it/dati/literary/m/montalto_pasquale/ritratti.html 

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