L’uomo che parla - Enzo Montano
C’è un
politico (si fa per dire) che continua a imperversare sulla scena italiana pur
senza avere alcun mandato elettorale. Un
tizio, a suo tempo inopinatamente osannato da molti anche a sinistra, che è
stato, senza merito, finanche presidente del consiglio. Badate bene, oltre al
ruolo di capo corrente/partito a cui è giunto attraverso il cerimoniale
piuttosto bizantino delle primarie, il
presunto politico non si è mai – dico mai! Ripeto Mai!! Sottolineo MAI!!! –
sottoposto a un passaggio elettorale per ricevere un mandato dagli elettori che
lo legittimasse politicamente a governare l’Italia e a strombazzare di qua e di
là. Il nostro, pervaso da un ego sterminato almeno quanto l’oceano Pacifico e in preda a un persistente delirio di autocelebrazione,
ha raccolto in pochi anni più sconfitte di quelle subite in decenni da
Aureliano Buendia. La colpa delle ripetute disfatte, naturalmente, sempre degli
altri: il fuoco amico, quello nemico, la contraerea di Marte, dei parrucconi,
dei rosiconi, dei professoroni, dei sindacati, dei partigiani e, infine, degli
elettori incapaci di comprendere cotanto genio. Già, l’io sterminato lo mette
al riparo da ogni accenno di autocritica o dubbio. Ha sempre ragione lui,
l’infallibile galletto parlante.
L’ego
impedisce, com’è noto, una visione d’insieme, tanto meno rende visibili i
propri limiti. Nemmeno lo aiutano i giannizzeri che gli stanno intorno, poco
più che ornamenti, gingilli, ninnoli – sempre dal punto di vista politico – che si affidano osannanti al loro logorroico
capetto e lo seguono ovunque, veri ultras delle curve del tifo calcistico. “è
il migliore di tutti”, “è lui che ha i voti” (sic!), “un vero cavallo di
razza”, “grande comunicatore”, “grande talento politico”, e così via esaltando,
elogiando, adulando, inneggiando.
Accade,
però, che il cavallo di razza si dimostra ogni volta un somaro, un chiacchierone
inveterato è scambiato per grande
comunicatore. Ma questo è un vezzo dei giornalisti/non giornalisti/trombettieri/scendiletto
dei potenti di turno (alla Vespa, per intenderci) giacché grandi comunicatori
furono fino al loro declino anche il presidente in esilio, il magnate (proprietario
di un impero mediatico), l’anziano comico, il gran spadone con l’ampolla, il
razzista padano delle sagre, e chiunque assurga al potere. Il presunto politico,
alla resa dei conti, si rivela un bimbetto viziato, astioso e vendicativo la
cui presunta forza elettorale bisogna che qualcuno la spieghi dal momento che
il bulletto non ha mai preso una preferenza in campo nazionale. Dopo aver
ingaggiato cento battaglie e subito duecento sconfitte col piglio di un gran
generale, il nostro, deve a malincuore ripiegare a ruoli di secondo, terzo, quarto
o quinto piano nel partito e nel panorama nazionale; un ruolo commisurato alla
sua altezza politica (o bassezza), in definitiva. Ma chi è pervaso da un io
sterminato non ammetterà mai i propri limiti, semplicemente è un’eventualità
non contemplata; e allora si prepara a lasciare il partito, lo stesso partito
che gli ha consentito di governare il Paese non prima di averlo distrutto e
aver aver compilato le liste elettorali nominando i sodali nei collegi sicuri e
riservando per sé stesso (vero condottiero impavido) uno di quelli più sicuri
dell’universo, un collegio dove sarebbero stati eletti anche i gatti Finferlo,
Mimì e Pavel (chiedo scusa ai simpatici felini) o anche, a mo’ di esempio, il radical
Giachetti, Migliore di qua e di là, Nobili boh.
Autonominatosi
senatore (un po' come Incitatus), quindi, si accorge (neanche a dirlo) che lo striminzito seggio di
Palazzo Madama è del tutto insufficiente a contenere l’immensità dell’io
debordante: non conta quasi nulla. Ed ecco emergere ancora una volta tutti i
limiti politici, culturali e caratteriali: lui deve essere il capo di un
qualche cosa, sia pure di un circolo del dopolavoro ma deve essere lui a
comandare; dà vita a un nuovo partitino (originale intuizione). Forma il
partitino nonostante le precedenti smentite (la parola del nostro vale quanto
un due di coppe quando la briscola è denari, lo sanno tutti tranne lui e le sue
ancelle maschi e femmine). La novella armata Brancaleone irrompe nel panorama
politico, Ego Magnam, il suo nome. Come
detto il partitino piccino non ha neanche un voto ma consta di un nutrito
gruppo di seggi parlamentari, poiché ballerine e saltimbanchi nel trasloco non
disdegnano di portar via la poltroncina presa con i voti del partito che
lasciano dopo averlo ridotto a brandelli. Una banda di voltagabbana, salta
fossi, millantatori, traditori del mandato elettorale. La manovrina di palazzo
consente all’ego parlante una tribuna dalla quale pontificare dalla mattina
alla sera su politica, botanica, arte, numismatica, previsioni del tempo, uncinetto, e ricamo a
punto smerlo, catenella e palestrina. I leopoldini immaginano di trovare il favore di schiere di
elettori, lui è il talento, il cavallo di razza, il migliore… trovano un misero
due per cento, secondo i sondaggi, o due e qualcosa, il bluff fa pluff…
cilecca. Una facile previsione ma sfuggita ai cultori dell’IO sterminato.
A questo
punto, si dirà, il nostro prende coscienza, finalmente realizza che non è un
Pico della Mirandola, un Machiavelli, un Archimede ma piuttosto un Razzi più
fortunato. Macché è sempre lì a parlare (perché offrire sempre il microfono a
un leader del nulla rimane uno dei grandi misteri). E parla, parla, parla,
parla… cazzeggia su tutto senza provare imbarazzo, senza che i bronzei
lineamenti ne vengano scalfiti, parla a vanvera anche quando il silenzio
sarebbe ovvietà, quando l’Italia e il mondo intero combatte una guerra epocale
contro una pandemia di immane portata, quando i morti si contano ogni giorno a
migliaia. Il galletto pettoruto va in giro a rilasciare dichiarazioni (qualcuno
gli dica che non sa parlare l’inglese, non è sua materia proprio come la
politica e il buon senso, gli si dica che è una macchietta che neanche fa
ridere) contro il governo, auspica un nuovo governo, sostituzione del
presidente del consiglio, una commissione d’inchiesta. insomma, nel bel mezzo
di una crisi mai vista, una sciagura terribile, il nostro non trova di meglio
che sparare su chi quella sciagura fronteggia. Unico caso al mondo. Altrove si
combatte tutti insieme il covid-19, da noi si combatte il governo in una eterna
casalinga campagna elettorale.
Spero che
gli elettori, quando sarà il momento, sapranno distinguere i cialtroni dalle persone
serie.
Chiudo
con una domanda: in base a quale mandato si agitano il galletto e i suoi voltagabbana?
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