dipinto di Domingo Ulloa
io cerco che la vita sia all’altezza del canto - Maria Grazia Calandronepoi, ci siamo sedute
vicine, senza spazio tra i corpi, senza rispetto
di quello che chiamate “spazio vitale”: voi, tutti, qui, occupati
a difendere l’aria, la libertà, a dimenticare
l’umano che cerca la vicinanza
come un bambino
poi, ci siamo sedute
sul marciapiede
e abbiamo fatto un pezzo di Somalia
– montuoso, ondulato, colorato,
sconnesso
e fermo – un pezzo di fusione
di nove corpi
neri
in terra straniera
ci hanno dato qualcosa, dei fazzolettini. una prima accoglienza. sandali, infradito e marciapiede. solo una di noi
sta di profilo, parla, fa sorridere
un’altra
la riga bianca del sorriso. poi, il bagliore di un occhio, due, la postura
scomposta di una: forse
la più stanca, forse
la più sfacciata. o è la stanchezza, a renderla sfacciata. però, quasi sorride.
siamo righe di sabbia
incomprensibile. eppure
basta poco, a conoscere, basta
identificarsi
anche la donna
che scrive di noi, lo vedete, sta dando per scontato
che le straniere
siamo noi.
eppure…
eppure…

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