18 luglio 2018

Kitchen - Banana Yoshimoto

Kitchen - Banana Yoshimoto
(…)

Allungai le braccia, presi il viso di Yūichi fra le mani e gli dissi:
"Grazie di avermi chiamato."
Come ricordo di Eriko presi un pullover rosso che lei indossava spesso.
Ricordavo che una sera Eriko, dopo avermelo fatto provare aveva detto: "Povera me, con tutti i soldi che ho speso sta molto meglio a te!" Poi Yūichi mi diede il "testamento" che aveva trovato in uno dei cassetti di Eriko, mi augurò la buonanotte e andò nella sua stanza. Rimasta sola, cominciai a leggere.
A Yūichi
È una sensazione stranissima scrivere una lettera al proprio figlio. Lo faccio perché negli ultimi tempi ho avvertito un senso di pericolo per la mia vita, solo per quella probabilità su diecimila che possa accadermi qualcosa. È un po' anche per scherzo, sai. Per leggerlo tutti e due insieme e farci qualche risata.
Yūichi, rifletti bene su quanto ti dirò. Se io dovessi morire, tu resteresti solo. Proprio come
Mikage. Capiresti che significa. Noi non abbiamo nessun parente. Quando sposai tua madre i suoi ruppero ogni rapporto con noi, e ho saputo che, quando sono diventata donna, mi hanno maledetta. Non pensare assolutamente di metterti in contatto con i tuoi nonni. Intesi?  Yūichi, nel mondo ci sono tanti tipi di persone. Per me è difficile capirlo, ma c'è gente che ama rotolarsi nel fango; persone che fanno di proposito del male, che cercano di attirare l'attenzione degli altri e poi ne rimangono loro stesse intrappolate. È un comportamento che non riesco a capire. Per quanto anche loro possano soffrire, non riesco ad averne compassione. Io ho rischiato, ma ho vissuto in allegria. Sono bella. Risplendo. Attirare gli altri, anche se a volte non sono le persone giuste, è una cosa a cui
sono rassegnata, è come pagare una tassa. Se dovessi essere uccisa, sarà un incidente. Non immaginare niente di strano. Ricordami come mi hai sempre conosciuta.
Avevo pensato di scrivere questa lettera al maschile, e mi sono sforzata di farlo ma, strano, mi vergognavo e la penna si rifiutava di scrivere. Anche se sono donna ormai da tanto tempo, credevo di essere ancora, in una parte di me, uomo, veramente uomo. Questo in fondo è solo un ruolo, mi dicevo. Invece ormai sono donna, corpo e anima. Sono tua madre in tutti i sensi. Che discorso! Mi viene da ridere. Io amo la mia vita. Essere stata uomo, avere sposato tua madre, essere diventata donna dopo la sua morte e avere vissuto da donna, averti educato e averti visto diventare grande, aver passato con te anni felici per entrambi... vissuto tutti e due felici... avere preso Mikage con noi! È stata la più grande gioia. Come vorrei vederla in questo momento. Anche lei è una mia figlia carissima. Ecco che divento sentimentale! Dai un abbraccio a Mikage. Dille da parte mia di non schiarirsi mai i peli delle gambe davanti a un ragazzo. Fa una pessima impressione. Anche tu lo pensi, no? Accludo l'elenco di tutto quello che possiedo. Però tu di questi documenti non capisci niente, mi sa. Rivolgiti all'avvocato. Comunque, a parte il negozio, è tutto tuo. Mica male essere figlio unico, no?
Eriko
(…)
Traduzione di Giorgio Amitrano

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