Giacomo Legi - Cuoca che prepara le torte di mele. Genova, Palazzo Bianco
I
GENNAIO
Focaccine di Natale
INGREDIENTI
1 scatola di sardine
1/2 salsiccia
1 cipolla
origano
1 scatola di peperoncini “serranos”
10 focaccine
PREPARAZIONE
La cipolla deve essere tritata fine fine. Suggerisco di mettersene un pezzetto in testa per evitare la fastidiosa lacrimazione che si produce quando la si taglia. Il brutto di piangere tritando la cipolla non è il semplice fatto di piangere, ma è che, quando cominci, poi ti bruciano gli occhi e non smetti più. Non so se sia già capitato anche a voi, ma a me certamente sì. Una infinità di volte. La mamma diceva che era perché sono sensibile alla cipolla proprio come Tita, la mia prozia.
Raccontano che Tita era così sensibile che, già quando stava nella pancia della mia bisnonna, quando lei tritava cipolle non smetteva più di piangere; il suo pianto era così forte che Nacha, la cuoca di casa, che era mezzo sorda, lo udiva senza sforzo. Un giorno i singhiozzi furono talmente forti da anticipare il parto. E senza che la mia bisnonna potesse dire bah, Tita venne al mondo prematuramente, sul tavolo della cucina, fra gli odori del minestrone che stava cuocendo, del timo, del lauro, del coriandolo, del latte bollito, dell’aglio e, naturalmente, della cipolla. Come potete immaginare, la consueta sculacciata non fu necessaria, perché quando Tita nacque già piangeva, forse perché sapeva che, secondo il suo oroscopo, in questa vita le sarebbe stato negato il matrimonio. Nacha raccontava che Tita era stata letteralmente spinta su questa terra da un impressionante torrente di lacrime che si erano riversate sul tavolo e sul pavimento della cucina. Al pomeriggio, quando ormai lo spavento era passato e l’acqua, grazie all’effetto dei raggi del sole, era evaporata, Nacha spazzò via le ultime lacrime, rimaste sulle mattonelle rosse del pavimento. Con il sale ricavato riempì un sacco da cinque chili che servì a cucinare per parecchio tempo. Questa nascita insolita determinò l’immenso amore di Tita per la cucina e il fatto che vi trascorresse la maggior parte della sua vita, praticamente dal giorno della nascita, poiché quando aveva appena due giorni, suo padre, ossia il mio bisnonno, morì d’infarto. Per lo choc, Mamma Elena perse il latte. Siccome a quei tempi il latte in polvere non esisteva ancora e non c’era neppure nulla che gli somigliasse, e siccome non fu possibile procurarle una balia da nessuna parte, si trovarono in un vero pasticcio per calmare la fame della bambina. Nacha, che la sapeva lunga su tutto quanto riguardava la cucina – e su molte cose che ora esulano dal nostro caso – si offrì di occuparsi dell’alimentazione di Tita. Si riteneva la più adatta a “forgiare lo stomaco dell’innocente creaturina”, sebbene non si fosse sposata né avesse mai avuto figli. Non sapeva neppure leggere né scrivere, ma è certo che di cucina se ne intendeva proprio. Mamma Elena accettò l’offerta di buon grado, poiché era già abbastanza presa dalla sua tristezza e dall’enorme responsabilità di mandare avanti la fattoria. In tal modo avrebbe potuto dare ai suoi figli l’alimentazione e l’educazione che meritavano, senza doversi preoccupare anche di nutrire debitamente la neonata.
Pertanto, da quel giorno, Tita si trasferì in cucina e tra atoles e tè crebbe sana e vivace. E’ quindi comprensibile chele si fosse sviluppato un sesto senso per tutto ciò che riguardava il cibo.
GENNAIO
Focaccine di Natale
INGREDIENTI
1 scatola di sardine
1/2 salsiccia
1 cipolla
origano
1 scatola di peperoncini “serranos”
10 focaccine
PREPARAZIONE
La cipolla deve essere tritata fine fine. Suggerisco di mettersene un pezzetto in testa per evitare la fastidiosa lacrimazione che si produce quando la si taglia. Il brutto di piangere tritando la cipolla non è il semplice fatto di piangere, ma è che, quando cominci, poi ti bruciano gli occhi e non smetti più. Non so se sia già capitato anche a voi, ma a me certamente sì. Una infinità di volte. La mamma diceva che era perché sono sensibile alla cipolla proprio come Tita, la mia prozia.
Raccontano che Tita era così sensibile che, già quando stava nella pancia della mia bisnonna, quando lei tritava cipolle non smetteva più di piangere; il suo pianto era così forte che Nacha, la cuoca di casa, che era mezzo sorda, lo udiva senza sforzo. Un giorno i singhiozzi furono talmente forti da anticipare il parto. E senza che la mia bisnonna potesse dire bah, Tita venne al mondo prematuramente, sul tavolo della cucina, fra gli odori del minestrone che stava cuocendo, del timo, del lauro, del coriandolo, del latte bollito, dell’aglio e, naturalmente, della cipolla. Come potete immaginare, la consueta sculacciata non fu necessaria, perché quando Tita nacque già piangeva, forse perché sapeva che, secondo il suo oroscopo, in questa vita le sarebbe stato negato il matrimonio. Nacha raccontava che Tita era stata letteralmente spinta su questa terra da un impressionante torrente di lacrime che si erano riversate sul tavolo e sul pavimento della cucina. Al pomeriggio, quando ormai lo spavento era passato e l’acqua, grazie all’effetto dei raggi del sole, era evaporata, Nacha spazzò via le ultime lacrime, rimaste sulle mattonelle rosse del pavimento. Con il sale ricavato riempì un sacco da cinque chili che servì a cucinare per parecchio tempo. Questa nascita insolita determinò l’immenso amore di Tita per la cucina e il fatto che vi trascorresse la maggior parte della sua vita, praticamente dal giorno della nascita, poiché quando aveva appena due giorni, suo padre, ossia il mio bisnonno, morì d’infarto. Per lo choc, Mamma Elena perse il latte. Siccome a quei tempi il latte in polvere non esisteva ancora e non c’era neppure nulla che gli somigliasse, e siccome non fu possibile procurarle una balia da nessuna parte, si trovarono in un vero pasticcio per calmare la fame della bambina. Nacha, che la sapeva lunga su tutto quanto riguardava la cucina – e su molte cose che ora esulano dal nostro caso – si offrì di occuparsi dell’alimentazione di Tita. Si riteneva la più adatta a “forgiare lo stomaco dell’innocente creaturina”, sebbene non si fosse sposata né avesse mai avuto figli. Non sapeva neppure leggere né scrivere, ma è certo che di cucina se ne intendeva proprio. Mamma Elena accettò l’offerta di buon grado, poiché era già abbastanza presa dalla sua tristezza e dall’enorme responsabilità di mandare avanti la fattoria. In tal modo avrebbe potuto dare ai suoi figli l’alimentazione e l’educazione che meritavano, senza doversi preoccupare anche di nutrire debitamente la neonata.
Pertanto, da quel giorno, Tita si trasferì in cucina e tra atoles e tè crebbe sana e vivace. E’ quindi comprensibile chele si fosse sviluppato un sesto senso per tutto ciò che riguardava il cibo.
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