27 aprile 2018

Ora assurda – Fernando Pessoa

Vincent Van Gogh - Mandorlo in fiore
Ora assurda – Fernando Pessoa

Il tuo silenzio è una nave a vele tutte spiegate…
Dolce, la brezza gioca tra le fiamme, tuo sorriso…
E il tuo sorriso nel tuo silenzio è trampoli e scale
con cui mi fingo più alto e vicino a un paradiso…

Il mio cuore è un’anfora che cade e va in pezzi…
Il tuo silenzio lo raccoglie e lo conserva, spezzato, in un angolo…
La mia idea di te è un cadavere che il mare lascia a riva…, e intanto
tu sei la tela irreale dove erro in colore la mia arte…

Apri tutte le porte e che il vento spazzi via l’idea
che abbiamo di un fumo che profuma di ozio i saloni…
La mia anima è una caverna invasa dall’alta marea,
e la mia idea di sognarti una carovana di istrioni…

Piove oro spento, ma non là fuori…E’ in me…Sono l’Ora
e l’Ora è di sgomenti e tutta essa i suoi frammenti…
Nella mia attenzione v’è una povera vedova che mai piange…
Nel mio cielo interiore mai vi fu un’unica stella…

Oggi il cielo pesa come l’idea di non giunger mai a un porto…
La pioggia fina è vuota…L’Ora ha sapore d’essere stata...
Non esservi qualcosa come letti per le navi!...Assorto
nel suo estraniarsi da sé, il tuo sguardo è una piaga senza senso…

Tutte le mie ore sono fatte di diaspro nero,
le mie ansie tutte scolpite su un marmo che non c’è,
non è allegria né pena questa pena con cui gioisco,
e la mia bontà inversa non è né buona né cattiva…

I fasci dei littori si aprirono sul ciglio dei sentieri…
I pennoni delle vittorie medievali neppure giunsero alle crociate…
Posero in-folio utili tra le pietre delle barricate…
E l’erba cattiva crebbe rigogliosa lungo i binari…

Ah, come è vecchia quest’ora!... E tutte le navi partirono!...
Sulla spiaggia solo una cima morta e resti di vela parlano
della distanza, delle ore del Sud, da dove i nostri sogni traggono
quell’angustia di sognare ancora che pure a se stessi tacciono…

Il palazzo è in rovina…Duole vedere nel parco l’abbandono
della fonte senza zampillo… Nessuno alza lo sguardo dalla strada
e prova nostalgia di sé a quel luogo-autunno…
Questo paesaggio è un manoscritto con la frase più bella tagliata…

La pazza ruppe tutti i candelabri glabri,
sporcò di umano il lago con lettere strappate, molte…
E la mia anima è quella luce che mai più sarà sui candelabri…
E che vogliono sul lato infausto le mie ansie, brezze fortuite?...

Perché mi affliggo e mi abbatto?...Si sdraiano nude alla luna
tutte le ninfe…Venne il sole ed eran già partite…
Il tuo silenzio che mi culla è l’idea di naufragare,
E l’idea della tua voce che suona la lira di un finto Apollo…

Non ci sono più code di pavoni tutte occhi nei giardini antichi…
Le stesse ombre sono più tristi…Ancora
ci sono tracce di vesti di nutrici (sembra) sul suolo, e piange ancora
una certa eco di passi sul viale che ecco finisce…

Tutti i tramonti annegarono nella mia anima…
L’erba di ogni prato era fresca sotto i miei piedi freddi…
Seccò nel tuo sguardo l’idea di crederti calma,
E il mio vedere questo in te è un porto senza navi…

Si levarono insieme tutti i remi…Tra l’oro delle messi
passò una nostalgia di non essere il mare…Di fronte
al mio trono di alienazione vi son gesti con pietre rare…
La mia anima è una lampada che si spense ed è ancor calda…

Ah, e il tuo silenzio è un profilo di vetta al sole!
Tutte le principesse sentono al seno un’oppressione…
Dall’ultima finestra del castello solo un girasole
si vede, e sognare che altri ve ne siano getta brume sul nostro senso…

Essere, e non essere più…Oh leoni nati in gabbia!...
Rintocco di campana al di là, nell’Altra Valle…Vicino?
Arde il collegio e un bambino restò chiuso nell’aula…
Perché non deve essere il Nord il Sud?...Cosa è scoperto?

E io deliro…D’improvviso mi fermo su quel che penso…Ti fisso
e il tuo silenzio è una mia cecità…Ti fisso e sogno…
Vi sono cose rosse e serpi nel modo in cui ti medito,
e la tua idea sa di ricordo dal sapore orrendo…

Perché non avere disprezzo per te? Perché non perderlo?...
Ah, lascia che ti ignori…Il tuo silenzio è un ventaglio-
Un ventaglio chiuso, che aperto sarebbe così bello, così bello,
ma più bello è non aprirlo, perché l’Ora non pecchi…

Gelarono tutte le mani incrociate su tutti i petti…
Appassirono più fiori di quanti ve n’erano in giardino…
Il mio amarti è una cattedrale di silenzi eletti,
e i miei sogni una scala senza inizio ma con fine…

Qualcuno entrerà dalla porta…Si sente l’aria sorridere…
Tessitrici vedove assaporano i sudari di vergini che tessono…
Ah, il tuo tedio è una statua di una donna che verrà,
il profumo che avrebbero i crisantemi, se l’avessero…

E’ necessario distruggere il proposito di ogni ponte,
vestire d’alienazione i paesaggi di ogni luogo,
raddrizzare a forza la curva degli orizzonti,
e gemere per dover vivere, come un rumore brusco di sega…

E’ così poca la gente che ami i paesaggi che non esistono!...
Sapere che continuerà a esserci lo stesso mondo domani – quanto ci intristisce!...
Che il mio udire il tuo silenzio non sia nuvole che rattristino
il tuo sorriso, angelo esiliato, e il tuo tedio, aureola nera…

Soave, come avere madre e sorelle, la sera cara scende…
Non piove più, e il vasto cielo è un grande sorriso imperfetto…
La mia coscienza di avere coscienza di te è una prece,
e il saperti sorridente è un fiore appassito sul mio petto…

Ah, se fossimo due figure su una vetrata lontana!...
Ah, se fossimo i due colori di una bandiera di gloria!...
Statua acefala posta in un angolo, polveroso fonte battesimale,
Pennone di vinti con scritto al centro questo lemma – Vittoria!

Cosa mi tortura?...Se persino il tuo volto calmo
mi colma solo di tedio e di oppi di ozi spaventosi!...
Non so…sono un folle che trova strana la sua stessa anima…
Io fui amato in effige in un paese al di là dei sogni…

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