29 aprile 2018

da Il talento del cuoco – Martin Suter

opera di Joseph Zbukvic
da Il talento del cuoco – Martin Suter

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Grazie agli Europei di calcio Maravan poté respirare un po’. Nella ristorazione c’era un gran bisogno di personale, tanto che perfino la faccenda della Huwyler non fu più un ostacolo. Almeno non per il gestore di un punto di ristoro situato in una delle zone più frequentate dai tifosi.
Maravan faceva lo sguattero. Lavorava sotto una grande tenda, in un calore asfissiante, separato dalla cucina e dalla zona dove venivano serviti i clienti. pentole e recipienti termici dovevano essere sfregati a mano; per piatti e posate aveva invece una lavastoviglie, di cui doveva spesso fare a meno perché nera talmente malandata da bloccarsi in continuazione.
Era un lavoro monotono. C’erano momenti – anche ore – di completa inattività, poi di colpo arrivavano decine e decine di tifosi affamati e diventava impossibile tenere il ritmo. Entrambe le cose – l’inattività e i ritardi dovuti al carico eccessivo – facevano arrabbiare il capo. in realtà l’uomo se la prendeva con chiunque e per qualunque cosa. L’atmosfera sotto la tenda era piuttosto pesante. Il capo aveva acquistato la licenza a caro prezzi, sicuro che fosse un ottimo investimento, ma si era trovato ad affrontare una realtà fatta per lo più di calma piatta. La Svizzera era stata eliminata, faceva freddo e pioveva. Maravan non vedeva l’ora che gli Europei finissero.
Non nera solo per il lavoro, era tutto clamore dell’evento a dargli sui nervi. Non era un patito del calcio. Preferiva decisamente il nuoto. Da giovane aveva coltivato un certo interesse anche per il cricket, prima che la passione per la cucina prendesse il sopravvento.
L’unico aspetto positivo era che la cassa di disoccupazione non sapeva niente. Aveva avuto il posto tramite un’agenzia di collocamento temporaneo non molto affidabile che lavorava principalmente con le persone nella sua situazione. La paga era bassa, venti franchi all’ora, ma andava comunque ad aggiungersi al sussidio.
Aveva inviato alla sorella altri soldi per le medicine di Nangay, ma aveva dovuto indebitarsi. Tremila franchi. Naturalmente non li aveva avuti da una bancca. Quale istituto avrebbe fatto credito a un rifugiato senza lavoro? Si era rivolto a Ori, un commerciante tamil che concedeva prestiti privati. Quindici per cento di interesse. Sull’intera somma fino all’estinzione del debito.
All’inizio aveva cercato di non indebitarsi . dopo aver saputo che Nangay non poteva più curarsi, aveva accettato di lavorare in nero presso un deposito di gomme usate. Si trattava di smistare pesanti pneumatici da mattina a sera.
Non aveva resistito. Non perché il lavoro era troppo duro, ma perché era troppo sporco. non c’erano docce a disposizione e il lavandino non bastava per eliminare la patina nera e la puzza di gomma che si sentiva addosso a fine giornata. Poteva sopportare di essere sull’ultimo gradino della scala sociale, ma non voleva l’aspetto e l’odore di una persona finita così in basso. Era questione d’orgoglio.
poi aveva provato con l’edilizia, lavorando in un grande cantiere per il subappaltatore di un subappaltatore. il secondo giorno, però, era arrivato un ispettore del comune per verificare che non ci fossero operai irregolari. Maravan e altri due erano scappati appena in tempo. Il sub-subappaltatore doveva ancora pagargli il dovuto.
Sotto la tenda non ci si accorgeva che fuori faceva quasi freddo. Maravan sfregò un contenitore per eliminare gli ostinati residui di gulash. non aveva nient’altro da fare. Dall’altra parte della tenda giungeva la voce di un cronista. Il piccolo televisore era sintonizzato sulla partita Italia-Romania. Tutti i ristoranti della zona speravano nella vittoria prima perché i tifosi italiani erano molti più numerosi dei romeni ed erano anche i più spendaccioni.
Al cinquantacinquesimo minuto ci fu finalmente il gol del vantaggio: uno a zero. le grida di giubilo colsero Maravan di sorpresa e lo fecero sobbalzare. Sbirciando oltre il divisorio vide il capo esultare più forte degli altri. Saltava con le braccia alzate e gridava: “Itali! Italia!”.
Maravan si finse contento, ma questa decisione gli fu fatale. mentre sorrideva, infatti, la Romania pareggiò e il capo distolse improvvisamente lo sguardo dal televisore. Giusto in tempo per vedere l’espressione di gioia del suo viso. lì per l’ non disse niente, ma dopo la partita – finita uno a uno, cosa che impedì il tanto desiderato afflusso di tifosi italliani – Maravan ricevette la paga e venne informato che il giorno seguente non doveva disturbarsi a tornare.
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