26 aprile 2018

da Dolce come il cioccolato - Laura Esquivel

da Dolce come il cioccolato - Laura Esquivel

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A volte piangeva senza scopo, come quando Nacha tritava le cipolle, ma siccome tutt’e due conoscevano il motivo di quelle lacrime, non ci facevano caso. Diventavano addirittura un’occasione di svago, tanto che durante la sua infanzia Tita non distingueva bene le lacrime del riso da quelle del pianto. Per lei ridere era un modo di piangere.
Allo stesso modo confondeva la gioia di vivere con quella di mangiare. Non era facile per una persona che aveva imparato a vivere in cucina capire il mondo esterno, quel gigantesco mondo che andava dalla porta della cucina all’interno della casa. Il mondo che invece confinava con la porta posteriore della cucina e che si affacciava sul cortile, sul giardino e sull’orto, quello sì le apparteneva completamente, era il suo dominio. Le sue sorelle al contrario, ne erano spaventate, e lo trovavano pieno di pericoli sconosciuti. A loro i giochi fatti in cucina parevano assurdi e rischiosi, ma un giorno Tita le convinse che era uno spettacolo fantastico veder danzare le gocce d’acqua che cadono sul comal2 quando è ben caldo.
Mentre Tita cantava e scuoteva ritmicamente le mani bagnate perché le gocce d’acqua cadessero sul comal e «danzassero», Rosaura però rimase in un angolo, stupita di ciò che vedeva. Gertrudis invece, sempre affascinata da tutto ciò che riguardava il ritmo, il movimento o la musica, si sentì fortemente attratta dal gioco e vi partecipò con entusiasmo. A quel punto, Rosaura si vide costretta a fare lo stesso, ma siccome si era bagnata poco le mani e le muoveva con eccessivo timore, non ottenne l’effetto sperato. Tita allora cercò di aiutarla avvicinandole le mani al comal. Rosaura oppose resistenza e la lotta non ebbe fine finché Tita, molto seccata, le lasciò andare le mani che caddero di peso sul comal ardente. Oltre a guadagnarsi una sonora bastonata, Tita ebbe il divieto di giocare con le sorelle in quello che era ormai il suo mondo. Nacha si trasformò allora nella compagna dei suoi svaghi. Insieme si dedicavano a inventare giochi e attività che avevano sempre un rapporto con la cucina. Come il giorno in cui videro nella piazza del paese un signore che componeva figure di animali con palloncini di forma allungata ed ebbero l’idea di ripetere l’operazione, utilizzando però pezzi di salsiccia. Non forgiarono solo animali noti, ma ne inventarono anche di nuovi, ad esempio uno con collo di cigno, zampa di cane e coda di cavallo.
Il problema sorgeva quando dovevano disfarli per friggere la salsiccia. Il più delle volte Tita si opponeva. Cedeva soltanto quando si trattava di confezionare le focaccine di Natale, poiché ne era ghiotta. In quel caso, non solo permetteva che uno dei suoi animali venisse disfatto, ma lo osservava allegra mentre friggeva.
Bisogna friggere la salsiccia a fuoco molto basso, perché deve cuocere bene senza rosolare troppo. Quando è pronta la si toglie dal fuoco e si aggiungono le sardine previamente disliscate. È necessario anche raschiare la pelle delle sardine con un coltello per eliminare le macchie nere. Al composto si uniscono la cipolla, i peperoncini tritati e l’origano macinato. Si lascia riposare prima di farcire le focacce.
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