29 aprile 2018

da Dolce come il cioccolato - Laura Esquivel

Maid seated by window; holding a vessel into which she cracks an egg, a chicken hanging up-side down from a metal frame attached to a pulley-system on the beamed ceiling, a dog lapping milk near her feet. 1798 Watercolour
da Dolce come il cioccolato - Laura Esquivel

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«Questa poi! Vostra mamma dice così che siete pronte per il matrimonio, neanche fosse un piatto di enchiladas! Sta fresca che è lo stesso, non è mica lo stesso! La gente non può trasformare i tacos in enchiladas in quattro e quattr’otto!».
Chencha non smetteva di fare questo genere di commenti mentre raccontava, a modo suo, la scena di cui era appena stata testimone. Tita sapeva quanto Chencha potesse essere esagerata e bugiarda, e dunque non si lasciò prendere dal panico. Si rifiutava di credere a quello che aveva appena udito. Fingendo serenità, continuò a tagliare le focaccine che le sue sorelle e Nacha dovevano farcire.
La pasta è sempre meglio prepararla in casa. Tuttavia se questo non è possibile, conviene ordinare in panetteria delle focacce piccole, perché le grandi a questa ricetta non si adattano bene. Dopo averle riempite, si mettono in forno per dieci minuti e si servono calde. L’ideale è lasciarle fuori tutta la notte, avvolte in un panno, affinché il pane s’impregni del grasso della salsiccia.
Mentre Tita stava finendo di arrotolare le torte che avrebbero mangiato il giorno dopo, Mamma Elena entrò in cucina dicendo che aveva acconsentito che Pedro si sposasse, ma con Rosaura.
Quando udì la notizia, Tita sentì come se l’inverno le fosse entrato violentemente in corpo: il freddo era così secco e pungente da bruciarle le guance che si arrossarono come le mele che aveva di fronte. Questo freddo repentino l’avrebbe accompagnata a lungo, senza che nulla potesse attenuarlo, e non diminuì neppure quando Nacha le raccontò ciò che aveva sentito accompagnando don Pascual Muzquiz e suo figlio alla porta di casa. Nacha camminava davanti, cercando di accorciare il passo per ascoltare meglio la conversazione tra padre e figlio. Don Pascual e Pedro camminavano lentamente e parlavano a voce bassa, soffocata dalla rabbia.
«Perché hai fatto questo Pedro? Ci siamo messi in ridicolo accettando le nozze con Rosaura. Dov’è finito l’amore che avevi giurato a Tita? Sei forse uno che non mantiene la parola?».
«Certo che la mantengo, ma se a lei negassero tassativamente di sposare la donna amata e l’unica via d’uscita per restare vicino alla sua donna fosse quella di sposare la sorella, non prenderebbe la mia stessa decisione?».
Nacha non era riuscita a sentire la risposta perché Pulque, il cane della fattoria, abbaiando, si era messo a inseguire un coniglio che aveva scambiato per un gatto.
«Allora ti sposi senz’amore?».
«No, papà, mi sposo provando un immenso e imperituro amore per Tita».
Le voci si facevano sempre più impercettibili, spente dal rumore delle scarpe sulle foglie secche. Era strano che Nacha, ogni giorno più sorda, fosse riuscita ad ascoltare la conversazione. Tita le fu ugualmente grata per avergliela riferita, ma questo non modificò l’atteggiamento di freddo rispetto che da allora assunse verso Pedro. Dicono che il sordo non sente, ma capisce tutto. Forse Nacha aveva sentito le parole che tutti avevano taciuto. Quella notte Tita non riuscì a prender sonno; non sapeva spiegare ciò che provava. Peccato che a quell’epoca non fossero ancora stati scoperti i buchi neri dello spazio, perché in quel caso le sarebbe stato molto facile capire che sentiva un buco nero in mezzo al petto, dentro il quale s’insinuava un freddo infinito.
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