Dipinto di Aldo Balding
Da Il talento del cuoco – Martin Suter
(…)
Andrea si fece sentire il pomeriggio del giorno dopo.
Maravan si stava mettendo a preparare i mothagam per la sera quando suonò il telefono. Dalla voce sembrava felice, ma non rivelò niente circa l’esito dell’esperimento. Maravan tenne a freno la propria curiosità e non fece domande.
Un’ora più tardi, mentre rassettava la sua cucina, evitò. Andrea lo guardava con un bicchiere d’acqua nella mano destra, il gomito appoggiato sul palmo della sinistra. Non aveva nessuna intenzione di dargli una mano a riordinare.
“Non sei curioso?” chiese infine.
“Certo” rispose semplicemente lui.
Andrea posò il bicchiere sul tavolo, lo afferrò per le spalle e gli diede un bacio sulla fronte. “Sei un mago. Ha funzionato!”.
Poi, forse leggendo una certa incredulità sul suo viso, ripeté a voce più alta. “Ha funzionato!”.
Visto che ancora non si decideva a reagire, cominciò a saltellargli intorno. “Ha funzionato, funzionato, funzionato!” canticchiò.
Finalmente Maravan scoppiò a ridere e insieme a lei accennò due o tre passi di danza.
Andrea lo sorprese con un resoconto della sua notte d’amore, senza entrare nei dettagli, ma rivelando comunque più del necessario per la sensibilità di un credente indù.
“Vuoi sapere a che ora se n’è andata?”.
“Tardi, immagino”.
“Alle due e mezzo. Del pomeriggio! Le quattordici e trenta” disse lei trionfante.
“Però non è detto che sia stata la mia cena. Magari è rimasta per te”.
Andrea scosse la testa. “No, Franziska non sta con le donne, Maravan. Mai!”.
Lo aiutò a mettere tutto in macchina e lo riportò a casa. Per circa mezz’ora poté illudersi di aver in parte realizzato il proprio sogno: era insieme ad Andrea e stava portando in sede il materiale dopo un servizio di catering conclusosi con un successo. Era contento che anche lei avesse da pensare e non volesse fare conversazione.
Una volta riportato tutta nell’appartamento, Andrea sembrò intenzionata a rimanere. Erano entrambi sul piccolo balcone della cucina, lei appoggiata al parapetto con in mano una sigaretta. Invece di trattenere il fumo, lo buttava fuori subito come se fosse pentita di aver aspirato. La temperatura si era sensibilmente abbassata, ma da qualche ora non pioveva più. Dalle finestre aperte dei vicini tamil giungevano musica, voci e risate.
Più in basso, nel cortile interno, uno spacciatore concluse uno scambio in modo rapido e silenzioso, poi scomparve insieme al cliente.
“Qual’é il tuo sogno più grande?” chiese Andrea.
“Tornare a casa e v
ivere in pace”.
“Non vuoi un ristorante?”.
“Certo, a Colombo”.
“E fino ad allora?”.
Maravan dsi raddrizzò e affondò i pugni nelle tasche dei pantaloni. “Un ristorante qui”.
“E dove troverai i soldi?”.
Lui alzò le spalle. “Catering?”.
“Esatto” fece lei, fissandolo.
Maravan era meravigliato. “Credi che funzionerebbe?”.
“Se cucini come hai fatto con me, sì”.
La risposta gli strappò una risatina. “Davvero? E i clienti?”.
“Ci penso io”.
“Cosa vuoi in cambio?”.
“Il cinquanta per cento”.
Andrea aveva un business plan e un po’ di soldi. Una sorella della madre era morta senza figli un anno e mezzo prima e aveva lasciato tutto ai quattro nipoti. oltre ai risparmi c’era anche una casa con un paio di appartamenti in una località turistica delle Prealpi dove l’innevamento non era affatto assicurato e dove la zia aveva trascorso matà della sua vita. Gli eredi avevano venduto la casa senza la minima esitazione. Al netto ognuno aveva ricavato circa ottantamila franchi, ma nel frattempo, a causa dei continui cambi di lavoro, quelli di Andrea si erano praticamente dimezzati. Aveva comunque intenzione di investirne una parte nella Love Food, questo il nome che aveva scelto per l’attività.
Avrebbe acquistato l’evaporatore rotante e gli altri apparecchi che mancavano a Maravan, si sarebbe procurata uno stock di posate e stoviglie, avrebbe trovato i clienti, sostituito la Golf con una station-wagon e pensato al servizio e all’amministrazione. Inoltre avrebbe fornito il capitale iniziale.
Maravan avrebbe apportato il know-how.
Dividere fifty-fifty era più che onesto, lo sapeva anche lui.
Un love Dinner per due persone sarebbe costato mille franchi, escluse le bevande, principalmente, su consiglio dello chef – champagne. Andrea poteva averlo a condizioni da grossista e prezzi da ristorante.
Maravan era d’accordo su tutto. Non era il tipo di catering che si era immaginato, ma usare la cucina per stimolare la vita amorosa delle coppie sposate – Andrea si sarebbe rivolta a loro – non era una cosa disdicevole secondo la sua cultura. E poi si sentiva felice all’idea di passare più tempo con lei.
“Perché ti interessa? Puoi trovare tutti i lavori che vuoi”.
“E’ una cosa nuova” spiegò Andrea.
All’improvviso un razzo sbucò da dietro i tetti, rallentò la sua corsa verso l’alto, si fermò e un secondo dopo esplose in mille filamenti rossi che ricaddero verso terra. Si festeggiava il primo di agosto. E la nascita di Love Food.
(…)
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Andrea si fece sentire il pomeriggio del giorno dopo.
Maravan si stava mettendo a preparare i mothagam per la sera quando suonò il telefono. Dalla voce sembrava felice, ma non rivelò niente circa l’esito dell’esperimento. Maravan tenne a freno la propria curiosità e non fece domande.
Un’ora più tardi, mentre rassettava la sua cucina, evitò. Andrea lo guardava con un bicchiere d’acqua nella mano destra, il gomito appoggiato sul palmo della sinistra. Non aveva nessuna intenzione di dargli una mano a riordinare.
“Non sei curioso?” chiese infine.
“Certo” rispose semplicemente lui.
Andrea posò il bicchiere sul tavolo, lo afferrò per le spalle e gli diede un bacio sulla fronte. “Sei un mago. Ha funzionato!”.
Poi, forse leggendo una certa incredulità sul suo viso, ripeté a voce più alta. “Ha funzionato!”.
Visto che ancora non si decideva a reagire, cominciò a saltellargli intorno. “Ha funzionato, funzionato, funzionato!” canticchiò.
Finalmente Maravan scoppiò a ridere e insieme a lei accennò due o tre passi di danza.
Andrea lo sorprese con un resoconto della sua notte d’amore, senza entrare nei dettagli, ma rivelando comunque più del necessario per la sensibilità di un credente indù.
“Vuoi sapere a che ora se n’è andata?”.
“Tardi, immagino”.
“Alle due e mezzo. Del pomeriggio! Le quattordici e trenta” disse lei trionfante.
“Però non è detto che sia stata la mia cena. Magari è rimasta per te”.
Andrea scosse la testa. “No, Franziska non sta con le donne, Maravan. Mai!”.
Lo aiutò a mettere tutto in macchina e lo riportò a casa. Per circa mezz’ora poté illudersi di aver in parte realizzato il proprio sogno: era insieme ad Andrea e stava portando in sede il materiale dopo un servizio di catering conclusosi con un successo. Era contento che anche lei avesse da pensare e non volesse fare conversazione.
Una volta riportato tutta nell’appartamento, Andrea sembrò intenzionata a rimanere. Erano entrambi sul piccolo balcone della cucina, lei appoggiata al parapetto con in mano una sigaretta. Invece di trattenere il fumo, lo buttava fuori subito come se fosse pentita di aver aspirato. La temperatura si era sensibilmente abbassata, ma da qualche ora non pioveva più. Dalle finestre aperte dei vicini tamil giungevano musica, voci e risate.
Più in basso, nel cortile interno, uno spacciatore concluse uno scambio in modo rapido e silenzioso, poi scomparve insieme al cliente.
“Qual’é il tuo sogno più grande?” chiese Andrea.
“Tornare a casa e v
ivere in pace”.
“Non vuoi un ristorante?”.
“Certo, a Colombo”.
“E fino ad allora?”.
Maravan dsi raddrizzò e affondò i pugni nelle tasche dei pantaloni. “Un ristorante qui”.
“E dove troverai i soldi?”.
Lui alzò le spalle. “Catering?”.
“Esatto” fece lei, fissandolo.
Maravan era meravigliato. “Credi che funzionerebbe?”.
“Se cucini come hai fatto con me, sì”.
La risposta gli strappò una risatina. “Davvero? E i clienti?”.
“Ci penso io”.
“Cosa vuoi in cambio?”.
“Il cinquanta per cento”.
Andrea aveva un business plan e un po’ di soldi. Una sorella della madre era morta senza figli un anno e mezzo prima e aveva lasciato tutto ai quattro nipoti. oltre ai risparmi c’era anche una casa con un paio di appartamenti in una località turistica delle Prealpi dove l’innevamento non era affatto assicurato e dove la zia aveva trascorso matà della sua vita. Gli eredi avevano venduto la casa senza la minima esitazione. Al netto ognuno aveva ricavato circa ottantamila franchi, ma nel frattempo, a causa dei continui cambi di lavoro, quelli di Andrea si erano praticamente dimezzati. Aveva comunque intenzione di investirne una parte nella Love Food, questo il nome che aveva scelto per l’attività.
Avrebbe acquistato l’evaporatore rotante e gli altri apparecchi che mancavano a Maravan, si sarebbe procurata uno stock di posate e stoviglie, avrebbe trovato i clienti, sostituito la Golf con una station-wagon e pensato al servizio e all’amministrazione. Inoltre avrebbe fornito il capitale iniziale.
Maravan avrebbe apportato il know-how.
Dividere fifty-fifty era più che onesto, lo sapeva anche lui.
Un love Dinner per due persone sarebbe costato mille franchi, escluse le bevande, principalmente, su consiglio dello chef – champagne. Andrea poteva averlo a condizioni da grossista e prezzi da ristorante.
Maravan era d’accordo su tutto. Non era il tipo di catering che si era immaginato, ma usare la cucina per stimolare la vita amorosa delle coppie sposate – Andrea si sarebbe rivolta a loro – non era una cosa disdicevole secondo la sua cultura. E poi si sentiva felice all’idea di passare più tempo con lei.
“Perché ti interessa? Puoi trovare tutti i lavori che vuoi”.
“E’ una cosa nuova” spiegò Andrea.
All’improvviso un razzo sbucò da dietro i tetti, rallentò la sua corsa verso l’alto, si fermò e un secondo dopo esplose in mille filamenti rossi che ricaddero verso terra. Si festeggiava il primo di agosto. E la nascita di Love Food.
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