The Oberlausitzische Library Of Science, Gorlitz - Germania
da La biblioteca di Babele - Jorge Luis Borges
L’“undicesimo volume” di cui parlo contiene riferimenti a volumi precedenti e successivi. Nestor Ibarra, in un articolo già classico della “NRF”, nega l’esistenza di questi volumi; Ezequiel Martinez Estrada e Drieu La Rochelle hanno confutato, forse vittoriosamente, questo dubbio. Ma il fatto è che, finora, le ricerche più diligenti sono rimaste senza risultato. Invano abbiamo scompigliato le biblioteche delle due Americhe e d’Europa. Alfonso Reyes, stanco di queste fatiche subalterne e poliziesche, propone che noi si intraprenda in comune l’opera di ricostruire i molti e massicci volumi che mancano: ex ungue leonem. Calcola, un po’ sul serio, un po’ per scherzo, che una generazione di Tlönisti potrebbe bastare. Questo calcolo arrischiato ci riporta al problema fondamentale: chi furono gli inventori di Tlön? I1 plurale è inevitabile, perché l’ipotesi di un solo inventore - d’un infinito Leibniz operante nelle tenebre e nella modestia - è stata scartata all’unanimità. Si pensa che questo brave new world sia opera d’una società segreta di
astronomi, di biologi, di ingegneri, di metafisici, di poeti, di chimici, di moralisti, di pittori, di geometri, sotto la direzione di un oscuro uomo di genio. Abbondano, infatti, gli individui che dominano queste discipline, ma non quelli capaci di invenzione, meno quelli capaci di subordinare l’invenzione a un piano rigoroso e sistematico com’è il piano di Tlön. Questo
piano è così vasto che il contributo di ciascuno scrittore dev’essere stato infinitesimale. A1 principio si credette che Tlön fosse un puro caos, una irresponsabile licenza dell’ immaginazione; si sa ora che è un cosmo, e le intime leggi che lo reggono sono state formulate, anche se in modo provvisorio. Mi basti ricordare che nelle contraddizioni apparenti dell’“undicesimo volume” s’è scorta la prova fondamentale che gli altri volumi esistono: tanto è lucido e giusto l’ordine in esso seguito. Le riviste popolari hanno divulgato, con perdonabile eccesso, la zoologia e la topografia di Tlön; io penso che le sue tigri trasparenti e le sue torri di sangue non meritino, forse, la continua attenzione di tutti gli uomini. Ma mi arrischio a spendere qualche minuto sulla sua concezione dell’universo.
L’“undicesimo volume” di cui parlo contiene riferimenti a volumi precedenti e successivi. Nestor Ibarra, in un articolo già classico della “NRF”, nega l’esistenza di questi volumi; Ezequiel Martinez Estrada e Drieu La Rochelle hanno confutato, forse vittoriosamente, questo dubbio. Ma il fatto è che, finora, le ricerche più diligenti sono rimaste senza risultato. Invano abbiamo scompigliato le biblioteche delle due Americhe e d’Europa. Alfonso Reyes, stanco di queste fatiche subalterne e poliziesche, propone che noi si intraprenda in comune l’opera di ricostruire i molti e massicci volumi che mancano: ex ungue leonem. Calcola, un po’ sul serio, un po’ per scherzo, che una generazione di Tlönisti potrebbe bastare. Questo calcolo arrischiato ci riporta al problema fondamentale: chi furono gli inventori di Tlön? I1 plurale è inevitabile, perché l’ipotesi di un solo inventore - d’un infinito Leibniz operante nelle tenebre e nella modestia - è stata scartata all’unanimità. Si pensa che questo brave new world sia opera d’una società segreta di
astronomi, di biologi, di ingegneri, di metafisici, di poeti, di chimici, di moralisti, di pittori, di geometri, sotto la direzione di un oscuro uomo di genio. Abbondano, infatti, gli individui che dominano queste discipline, ma non quelli capaci di invenzione, meno quelli capaci di subordinare l’invenzione a un piano rigoroso e sistematico com’è il piano di Tlön. Questo
piano è così vasto che il contributo di ciascuno scrittore dev’essere stato infinitesimale. A1 principio si credette che Tlön fosse un puro caos, una irresponsabile licenza dell’ immaginazione; si sa ora che è un cosmo, e le intime leggi che lo reggono sono state formulate, anche se in modo provvisorio. Mi basti ricordare che nelle contraddizioni apparenti dell’“undicesimo volume” s’è scorta la prova fondamentale che gli altri volumi esistono: tanto è lucido e giusto l’ordine in esso seguito. Le riviste popolari hanno divulgato, con perdonabile eccesso, la zoologia e la topografia di Tlön; io penso che le sue tigri trasparenti e le sue torri di sangue non meritino, forse, la continua attenzione di tutti gli uomini. Ma mi arrischio a spendere qualche minuto sulla sua concezione dell’universo.
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