13 aprile 2020

Inventario – Enzo Montano

Jan Brueghel il Vecchio dei Velluti - Allegoria dell'udito, 1617-1618, olio su tavola, Museo del Prado, Madrid
Inventario – Enzo Montano

Vedrò forse il mare ancora una volta,
o forse due; ne respirerò il profumo
e la salsedine mi pungerà le narici,
come mille e mille altre volte
mentre lo sguardo indugerà
sulla continuità perfetta dell’orizzonte.

Di meno ho vissuto la montagna
e i sui boschi sterminati,
ma ogni volta mi sono perso
in oceani verdi di bellezza:
sarò rapito ancora un’altra volta
dalla voce di miliardi di foglie?

Sovente ho incontrato la bellezza,
e sempre l’ho riconosciuta,
affascinato dall’incanto,
tutte le volte mi ha nutrito l’anima
con la sua luce inconfondibile,
unico unguento per le ferite aperte.

Alcuni amici mi parleranno
ancora un paio di volte, altri di più;
con altri berrò una birra al bar,
e altri ancora li incontrerò
in estate per un caffè freddo a un tavolino.
Qualcuno mi ha parlato già l’ultima volta.

Conosco il numero delle primavere
che sempre mi hanno emozionato,
ogni ho volta ho dato lacrime,
mio tributo al respiro della natura
e alla rinnovata meraviglia
dei fiori della malva o delle campanule
o dei non ti scordar di me.
So anche che l’ultima è sempre
la più bella, la più nitida, la più luminosa.
L’ultima. È quasi passata.
Non so se ne verranno altre,
ma in ogni nuovo giorno mi innamorerò del sole.

I libri letti sono di gran lunga
più numerosi di quelli che mi restano,
e difficilmente vedrò un film
più bello di quelli che conosco.
Così come, ne sono quasi certo,
non ascolterò musica o canzone
più bella delle belle che ho fatto mie
lungo il cammino dei giorni più tristi
o quando dell’allegria e i colori
non riuscivo a scorgerne la fine.

L’ultimo sogno forse l’ho già fatto
ma continuo a inseguire un’ultima danza
sulla punta delle stelle
delle notti magiche dello ionio
quando i gioielli più preziosi
sono appesi al cielo immobile.

Tante sono le occasioni che ho perduto,
per ostinazione o cecità,
molte le strade abbandonate,
ancor più i traguardi non raggiunti,
e infinite le verità non viste per pura vanità.

Un gran numero le persone incontrate
lungo la vita e poi lasciate andare
dopo un accenno di sorriso
o senza neanche uno sguardo,
mentre si accumulavano dolcemente
gli strati della solitudine dell’anima,
e disinvolti si consumavano i giorni.

Non ricordo quante volte gli uccelli
hanno mangiato le briciole del ritorno,
ricordo però le lotte con la morte,
riconosciuta solo dal dolore
negli occhi delle persone amate.

Milioni di volte ho osservato
gli occhi di mio figlio colmi di sogni
e mai la smetterei di rispecchiarmi.
Migliaia di volte mi ha donato sorrisi
ed io carezze. Quante volte ancora
toccherò la sua guancia e quante volte
mi sarà dato di abbracciarlo?
Quante volte sono stato padre
e se ancora una volta saprò esserlo
non mi è dato di sapere.

Neanche so valutare l’utilità dell’esistenza,
il dolore che ho provocato
e qual è la misura dell’espiazione,
o per quanti giorni ancora
saprò reggere lo sguardo freddo
della signora nera nell’ultima partita
e dell’ennesima sconfitta.
Come raskol’nikov aspetterò
contrito la sentenza certa
per le tante bastonate inferte alla vita.
Ma prima di chiudere l’inventario
vorrei cancellare almeno uno dei dubbi
che riempiono registri a centinaia.

Mentre la vela, dunque, volge
verso la mia itaca definitiva,
io che ricordo legioni di illusioni
schierate come nell’assedio di Cartagine
che beffarde mi hanno guardato
in ogni giorno che sgranava via,
io che non ho costruito nessun tipo di difesa,
quando la rotta sarà solo un segno breve
sulla mappa, prima dell’approdo,
quando l’inventario sarà chiuso,
forse avrò ancora una residua illusione:
qualcuno conserverà di me
un ricordo.

Proprietà Letteraria riservata
© by apollo Edizioni di Antonietta Meringola
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