17 aprile 2020

Roma città aperta – Enzo Montano


Roma città aperta – Enzo Montano

“A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”
Dls luogotenziale del Principe Umberto II su proposta del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, 22 aprile 1946

La festa della Liberazione è stata istituzionalizzata stabilmente quale festa nazionale con la Legge del 27 maggio 1949, n. 260. e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 1949, n. 124.
«Sono considerati giorni festivi, agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici, oltre al giorno della festa nazionale, i giorni seguenti: [...] il 25 aprile, anniversario della liberazione;[...]»

Roma città aperta
Regia di Roberto Rossellini
1945. Durata 100 minuti

In tempi normali in un Paese normale non occorrerebbe riportare i provvedimenti istitutivi di una festa nazionale. La cosa si rende necessaria per coloro che “il 25 aprile è una festa di parte” e così dicendo sono loro a dichiararsi “di parte” collocandosi nella parte sbagliata, quella degli squadristi in camicia nera. “Il 25 aprile è un derby tra comunisti e fascisti”; niente, qui, oltre al disprezzo del buon senso da parte del dichiarante bisogna  prendere atto che non ha capito un cazzo e da un tizio che fino a ieri non si riconosceva nella Repubblica non ci può aspettare che idiozie.
Sempre in ossequio all’imminente anniversario (il 75°) della Liberazione dell'Italia dall'occupazione nazista e dal regime fascista voglio ricordare uno dei grandi capolavori del nostro cinema celebre in tutto il mondo: Roma città aperta.
Sul film, la trama, il regista, i collaboratori alla realizzazione del film - tra cui Fellini -  e l’immensità degli attori non spendo nemmeno una parola. Non riuscirei a trovarne di nuove per parlare dei Grandissimi del Cinema. I capolavori non si discutono, si ammirano, si contemplano, ci si inchina di fronte alla loro bellezza. Qui il cinema è narrazione, storia, poesia, arte nella sua essenza. Dico solo che averlo rivisto in questi giorni per l’ennesima volta (la versione integrale la si trova anche su you tube), è stato meraviglioso! Dopo 75 anni dalla sua uscita non mostra nessuna ruga. Mi sono ritrovato nelle strade di Roma, durante i giorni dello smarrimento seguito dalla firma dell’armistizio, assieme ai partigiani del gap a contrastare i tedeschi e gli italiani fascisti traditori che opprimevano il popolo italiano. Mi sono ritrovato al fianco dell’immensa, bravissima, bellissima Anna Magnani (Pina).
Il film, come detto, è un’occasione per ricordare la Resistenza al Nazifascismo nelle nostre città. Ricordare la Resistenza non è mai abbastanza! La vicenda narra di persone comuni diventati partigiani, persone normali uccise per rappresaglia, persone denunciate da spie italiane consegnate alla barbarie dei tedeschi. Le città, Roma in questo caso, sono nelle mani di criminali, non c’è altra definizione. La vita quotidiana è trasformata in delazione, fame, miseria, paura, degrado, torture, stupri, rappresaglie, fucilazioni indiscriminate.
Negli anni precedenti erano sparizioni di brave persone bambini, donne uomini anziani caricati sui carri bestiame alla stazione Tiburtina (o al binario 21 della stazione centrale di Milano). Persone ammassate nei carri animali perché considerate meno delle bestie. Persone ignare, incolpevoli destinate ai campi di sterminio dell’est, nei territori occupati dai nazisti. Pochi sarebbero tornati dopo la liberazione di quei territori da parte dell’Armata Rossa (Armata Rossa, URSS, Benigni, non gli americani). Prima ancora i vigliacchi fascisti, guidati dal pallone gonfiato col mento prominente e il petto in fuori, quelle persone le avevano estromesse dalle scuole (bambini, insegnanti, bidelli), avevano bruciato loro i negozi, gli avevano negato il lavoro, la professione, il cibo, la dignità di essere persone. Al popolo italiano fu negata la vita. Agli oppositori, e per essere considerati tali bastava un nonnulla, venivano riservate delle periodiche visite con abbondanti razioni di manganellate, calci, pugni e una dose ancor più abbondante di olio di ricino. Dopo aver malmenato il malcapitato i vigliacchi lo denudavano, e lo abbandonavano per strada ricoperto di feci e vomito. E sapete da chi fu ideato il trattamento all’olio di ricino? Dal porco criminale fascista, “un nano in uniforme”, una delle persone più sopravvalutate al mondo anche dal punto di vista letterario, il vate dei miei stivali.
“I fascisti hanno fatto anche cose buone”, dicono alcuni ancora aggi. Andassero affanculo senza se e senza ma.
“Però, i partigiani… che bisogno c’era di appendere Mussolini a testa in giù a Piazzale Loreto?” Che ipocriti stupidi benpensanti! Lo sanno lor signori che i partigiani (quasi tutti giovanissimi) combatterono una guerra? Lo sanno che la guerra fu dichiarata all’intero popolo italiano dal pettoruto fanfarone vigliacco di Predappio in accordo col nano di Berlino? E lo sanno quanti partigiani sono morti sulle colline, sulle montagne e nelle città? Sanno quanti ne sono stati torturati e appesi? Quante donne sono state stuprate da gruppi di camicie nere? No, non lo sanno, fingono di non sapere. Ritengono, probabilmente, che i partigiani avrebbero dovuto rispondere ai colpi di mortaio, alle granate, alle mitraglie lanciando dei mazzolini di fiori di campo, ritengono che i partigiani, dopo aver combattuto per ridare dignità a una nazione offesa, ridicolizzata, brutalizzata, avrebbero dovuto chiedere scusa. Sanno che il duce del cazzo fu catturato, a pochi chilometri dal confine svizzero, da una squadra partigiana mentre fuggiva come un coniglio assieme a tutta la combriccola repubblichina criminalfascita con relativo tesoretto al seguito? Altro che onore alla patria! “Che combattano gli imbecilli, che muoiano! Noi vediamo se la sfanghiamo.” Questo pensavano i coraggiosi fuggitivi con pelliccia di lapin.
“Eh, ma appenderli a testa in giù…”
Già, appenderli a testa in giù, che crudeltà! Dopo tutto si trattava solo di alcuni dei peggiori criminali della storia mondiale, perché non offri loro una tazza di tè con i pasticcini? Sapete perché fu scelta piazzale Loreto? Perché il 10 agosto dell’anno prima in quella piazza furono fucilati quindici ragazzi detenuti per motivi politici. Furono fucilati per rappresaglia. Dopo la fucilazione i fascisti giocarono a pallone e a un certo punto sostituirono il pallone con la testa di uno dei fucilati. I cadaveri dei quindici giovani furono lasciati esposti al sole coperti di mosche ed escrementi e fu impedito ai genitori di avvicinarsi. Il fetore doveva diffondersi e imprimersi nella memoria dei milanesi. Questo l’espresso ordine del capitano delle SS Theodor Saevecke “il Boia”. Il boia, terminata la guerra fu arruolato dai servizi segreti americani. Visse felice, ricco e contento fino a 93 anni.
“Eh, ma appenderli a testa in giù…”
Appenderli a testa in giù? Bisognava fare come suggeriva un contadino al partigiano nel romanzo “Una questione privata” di cui riporto il passo:

Senza parlare, solo guardando di sottecchi la sua straordinaria infangatura, tornarono ai loro osservatori,indifferenti allo stillicidio che gli infradiciava i berretti e le spalle. Il più anziano di loro, ed anche quello che sembrava sopportare con più buon umore la situazione, un uomo con capelli e baffi bianchi e occhi umorosi, domandò a Milton:
– Quando dici che finirà, patriota?
– Primavera, – rispose, ma la voce gli uscì troppo rauca e falsa. Diede un colpo di tosse e ripeté: – Primavera.
Allibirono. Uno bestemmiò e disse:
– Ma quale primavera? C’è una primavera di marzo e una primavera di maggio.
– Maggio, – precisò Milton. Rimasero tutti sbalorditi. Poi il vecchio domandò a Milton come avesse fatto ad infangarsi così.
Milton arrossì, inspiegabilmente. – Sono caduto in discesa e sono scivolato di petto per molti metri.
– Verrà pure quel giorno, – disse il vecchio guardando Milton con troppa intensità.
– Certo che verrà, – rispose Milton e richiuse la bocca. Ma il vecchio insisteva a fissarlo con un’avidità insoddisfatta, forse praticamente insaziabile. – Certo che verrà, – ripeté Milton.
– E allora, – disse il vecchio, – non ne perdonerete nemmeno uno, voglio sperare.
– Nemmeno uno, – disse Milton. – Siamo già intesi.
– Tutti, tutti li dovete ammazzare, perché non uno di essi merita di meno. La morte, dico io, è la pena più mite per il meno cattivo di loro.
– Li ammazzeremo tutti, – disse Milton. – Siamo d’accordo.
Ma il vecchio non aveva finito.
– Con tutti voglio dire proprio tutti. Anche gli infermieri, i cucinieri, anche i cappellani. Ascoltami bene, ragazzo. Io ti posso chiamare ragazzo. Io sono uno che mette le lacrime quando il macellaio viene a comprarmi gli agnelli. Eppure, io sono quel medesimo che ti dice: tutti, fino all’ultimo, li dovete ammazzare. E segna quel che ti dico ancora. Quando verrà quel giorno glorioso, se ne ammazzerete solo una parte, se vi lascerete prendere dalla pietà o dalla stessa nausea del sangue, farete peccato mortale, sarà un vero tradimento. Chi quel gran giorno non sarà sporco di sangue fino alle ascelle, non venitemi a dire che è un buon patriota.

E difatti il fascismo fu sconfitto ma non morì. La democrazia e la paura fottuta per i comunisti da parte degli americani diedero diritto di cittadinanza anche a chi avrebbe meritato il carcere o una condanna a morte per i crimini perpetrati a danno del popolo italiano. Non si vollero chiudere i conti col regime, non si è voluto fare come in Germania. Nessuna Norimberga qui da noi. La burocrazia, le cattedre, la magistratura, i giornali rimasero nelle mani dei fascisti.  Peccato! Ancora una volta siamo stati pusillanimi nelle mani degli americani. Alleati sì, riconoscenza in eterno si, ma fantocci no! MSI, neonato partito fascista con la bara del criminale no! Il fucilatore spacciato per un politico di spessore va bene per gli allocchi.
La conseguenza è il dover ascoltare che il 25 aprile si celebra una festa di parte. Al danno si aggiunge la beffa. Ogni anno, ogni 25 aprile! l

Il film c’entra molto poco, come anticipato è solo un pretesto per parlare della Resistenza. ma guardatelo. Guardatelo e riguardatelo. Nello scorrere dei fotogrammi in bianco e nero troverete poco più di un’ora e mezza di narrazione poetica sia pure di fatti atroci compiute da criminali veri, contrastate da persone vere.
Molti dicono che dopo il superamento della pandemia del coronavirus saremo migliori. No, non ci credo. Piuttosto saremo più cattivi dopo aver dimenticato i buoni propositi, basteranno pochi giorni e torneremo a scagliarci contro gli altri, i più deboli preferibilmente perché è più facile e non occorre pensarci tanto, baste seguire gli slogan dei cialtroni travestiti da politici. Noi rimaniamo quel popolo che accettò le leggi razziali, la scomparsa di 900 mila italiani: ebrei, comunisti, sindacalisti, zingari… Noi siamo gli stessi che augurano a Carola Rakete uno stupro di gruppo, gli stessi che manifestano contro una madre di sette figli augurando morte e stupri solo perché assegnataria regolare di un alloggio popolare, siamo gli stessi creduloni che si affacciano al balcone per vedere l’asino che vola solo perché lo ha detto un buontempone e siamo coloro che non riescono a vedere il pericolo del degrado sociale e culturale dei giorni nostri, sempre più permeabili ala negazione della storia.
Certo, per fortuna, siamo anche molto altro in positivo, ma Anna Magnani, nella scena più bella del film, mentre cade sotto la sventagliata di un mitra nazifascista inseguendo il marito portato via su un camion, mentre Pina urla il nome del marito, a me sembra sentire la partigiana Pina urlare a tutti noi di svegliarci perché la democrazia, per non morire, ha bisogno di nuovi partigiani.
17 aprile 2020

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