(…)
Quando ebbe inforcato
fra le gambe O, sempre in ginocchio, e l'ebbe afferrata per la nuca, si
conficcò nella sua bocca. Non era la carezza delle sue labbra contro di sé che
cercava, ma il fondo della sua gola. La scavò a lungo, ed O sentì gonfiarsi e
indurirsi dentro di lei il bavaglio di carne che la soffocava, e i cui urti
lenti e ripetuti le strapparono le lacrime. Per
meglio invaderla, Sir
Stephen aveva finito per inginocchiarsi sul sofà, le ginocchia ai lati del suo
viso, e le sue terga si posarono per un attimo sul petto di O, che sentiva il
grembo bruciare, inutile e disdegnato. Sir Stephen godette a lungo dentro di
lei, ma non portò all'acme il suo piacere, e si allontanò da lei in silenzio,
rialzandosi in piedi senza chiudersi la vestaglia.
- Lei è facile, O -
le disse. - Lei ama René, ma è facile. René si rende conto che lei concupisce
tutti gli uomini che la desiderano, che mandandola a Roissy o cedendola ad
altri, le fornisce tanti alibi per la sua leggerezza? - Io amo René - rispose
O. - Ama René, ma desidera me, fra gli altri - continuò Sir Stephen.
Sì, lo desiderava, ma
se René, venendone a conoscenza, cambiasse? Non poteva far altro che tacere, e
abbassare gli occhi, anche soltanto il suo sguardo negli occhi di Sir Stephen
sarebbe equivalso a una confessione. Allora Sir Stephen si chinò su di lei e
prendendola per le spalle la fece scivolare sul tappeto. Si trovò nuovamente
sulla schiena, le gambe sollevate e ripiegate contro di sé. Sir Stephen, che si
era seduto sul sofà nel punto in cui un istante prima O era appoggiata con le
spalle, l'afferrò per il ginocchio destro e la tirò verso di sé. Poiché si
trovava di fronte al caminetto, la luce del vicino focolare illuminò
violentemente il duplice solco squadrato del suo grembo e delle sue terga.
Senza lasciarla, Sir Stephen le ordinò bruscamente di accarezzarsi, ma senza
chiudere le gambe. Interdetta, allungò docilmente verso il grembo la mano destra,
e incontrò sotto le dita, già emerso dal vello che lo proteggeva, già bruciante,
lo spigolo di carne dove si riunivano le fragili labbra del grembo. Ma la mano
ricadde e lei balbettò: - Non posso. - Ed effettivamente non poteva. Non si era
mai accarezzata se non, furtivamente, nel tepore e nell'oscurità del suo letto,
quando dormiva sola, senza mai cercare di giungere fino all'acme del piacere.
Ma a volte trovava l'orgasmo più tardi, in sogno, e si risvegliava delusa che
esso fosse stato così intenso insieme e fugace. Lo sguardo di Sir Stephen insistette.
Non riuscì a sostenerlo, e ripetendo - non posso - chiuse
gli occhi. Ciò che
rivedeva nella propria mente, e non riusciva ad allontanare, e che le dava la
stessa vertigine di disgusto provata ogni volta che aveva assistito a questa
scena, era, quando aveva quindici anni, Marion rovesciata nella poltrona di
cuoio di una camera d'albergo, Marion con una gamba sul bracciolo della
poltrona e la testa per metà ciondolante sull'altro bracciolo, che si
accarezzava davanti a lei e gemeva. Marion le aveva raccontato che un giorno si
accarezzava in questo modo nel suo ufficio, mentre si credeva sola, e il suo
direttore era entrato all'improvviso e l'aveva sorpresa. O ricordava l'ufficio
di Marion, una stanza nuda, dalle pareti verde pallido, con la luce del nord
che filtrava attraverso finestre polverose. C'era una sola poltrona, destinata
ai visitatori, di fronte al tavolo. - Hai potuto metterti in salvo? - aveva
detto O. - No - aveva risposto Marion, - mi ha chiesto di ricominciare, ma ha
chiuso la porta a chiave, mi ha fatto togliere le mutande, e ha spinto la poltrona
davanti alla finestra. - O aveva provato una grande ammirazione per ciò che
considerava il coraggio di Marion, e un senso di orrore, e si era fieramente rifiutata
di accarezzarsi davanti a Marion, e aveva giurato che non si sarebbe mai
accarezzata, mai, davanti a un'altra persona. Marion aveva riso e detto: - Vedrai
quando te lo chiederà il tuo amante. - Da René non le era mai stato chiesto.
Avrebbe ubbidito? Ah, certamente, ma con quale terrore di veder sorgere negli
occhi di René lo stesso disgusto che lei aveva provato davanti a Marion! Il che
era assurdo. E, poiché si trattava di Sir Stephen, era più assurdo ancora. Che
cosa le importava il disgusto di Sir Stephen? Ma no, non poteva. Per la terza
volta mormorò: - Non posso. - Anche se aveva parlato quasi in un mormorio, lui
sentì, la lasciò, si alzò, si chiuse la vestaglia, ordinò ad O di alzarsi. - È
questa la sua ubbidienza? - disse. Poi con la mano sinistra le afferrò entrambi
i polsi, e con la destra la schiaffeggiò a tutta forza. Lei barcollò, e sarebbe
caduta se lui non l'avesse sostenuta. - S'inginocchi e ascolti - disse, - io
temo che René l'abbia addestrata molto male. – Io ubbidisco sempre a René -
balbettò O. - Lei confonde l'amore con l'ubbidienza. Mi ubbidirà senza amarmi,
e senza che io l'ami. - Allora lei sentì insorgere dentro di sé uno strano
impulso di rivolta: negava silenziosamente, nel proprio
intimo, le parole che
udiva, negava le sue promesse di sottomissione e di schiavitù, negava il suo
consenso, il suo desiderio, la sua nudità, il suo sudore, il tremore delle sue
gambe, i cerchi neri sotto gli occhi. Si dibatté stringendo i denti dal furore
quando, dopo averla fatta piegare, prosternata, con i gomiti sul pavimento e il
capo fra le braccia, e sollevata alle anche, egli forzò le sue terga per
lacerarla, come aveva detto René. La prima volta non gridò. Poi lui riprese più
brutalmente, e O gridò. E ogni volta che egli si ritirava, e poi tornava,
quindi ogni volta che lui volle, lei gridò. Gridava per rivolta e per dolore, e
lui ne era ben consapevole. O sapeva anche, e ciò significava che era comunque
sconfitta, che era lieto di costringerla a gridare. Quando ebbe finito, e dopo
averla fatta alzare per accomiatarla, le fece notare che quanto aveva versato
dentro di lei stava lentamente colando fuori dal suo corpo tinteggiato dal
sangue della ferita che le aveva inferto, che quella ferita sarebbe stata
bruciante finché le sue terga non si fossero abituate a lui, e che lui avrebbe
continuato a forzarne il passaggio. Di questo impiego del suo corpo, che René
gli riservava, non si sarebbe privato, non doveva illudersi di venir
risparmiata. Le ricordò che aveva acconsentito ad essere la schiava di René e
sua, ma che gli sembrava poco probabile che sapesse, con perfetta cognizione di
causa, a che cosa si fosse impegnata. Quando l'avrebbe imparato, sarebbe stato
troppo tardi per sfuggire.
(…)
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