14 aprile 2018

da Storia di O - Pauline Réage

da Storia di O - Pauline Réage

(…)
Quando ebbe inforcato fra le gambe O, sempre in ginocchio, e l'ebbe afferrata per la nuca, si conficcò nella sua bocca. Non era la carezza delle sue labbra contro di sé che cercava, ma il fondo della sua gola. La scavò a lungo, ed O sentì gonfiarsi e indurirsi dentro di lei il bavaglio di carne che la soffocava, e i cui urti lenti e ripetuti le strapparono le lacrime. Per
meglio invaderla, Sir Stephen aveva finito per inginocchiarsi sul sofà, le ginocchia ai lati del suo viso, e le sue terga si posarono per un attimo sul petto di O, che sentiva il grembo bruciare, inutile e disdegnato. Sir Stephen godette a lungo dentro di lei, ma non portò all'acme il suo piacere, e si allontanò da lei in silenzio, rialzandosi in piedi senza chiudersi la vestaglia.
- Lei è facile, O - le disse. - Lei ama René, ma è facile. René si rende conto che lei concupisce tutti gli uomini che la desiderano, che mandandola a Roissy o cedendola ad altri, le fornisce tanti alibi per la sua leggerezza? - Io amo René - rispose O. - Ama René, ma desidera me, fra gli altri - continuò Sir Stephen.
Sì, lo desiderava, ma se René, venendone a conoscenza, cambiasse? Non poteva far altro che tacere, e abbassare gli occhi, anche soltanto il suo sguardo negli occhi di Sir Stephen sarebbe equivalso a una confessione. Allora Sir Stephen si chinò su di lei e prendendola per le spalle la fece scivolare sul tappeto. Si trovò nuovamente sulla schiena, le gambe sollevate e ripiegate contro di sé. Sir Stephen, che si era seduto sul sofà nel punto in cui un istante prima O era appoggiata con le spalle, l'afferrò per il ginocchio destro e la tirò verso di sé. Poiché si trovava di fronte al caminetto, la luce del vicino focolare illuminò violentemente il duplice solco squadrato del suo grembo e delle sue terga. Senza lasciarla, Sir Stephen le ordinò bruscamente di accarezzarsi, ma senza chiudere le gambe. Interdetta, allungò docilmente verso il grembo la mano destra, e incontrò sotto le dita, già emerso dal vello che lo proteggeva, già bruciante, lo spigolo di carne dove si riunivano le fragili labbra del grembo. Ma la mano ricadde e lei balbettò: - Non posso. - Ed effettivamente non poteva. Non si era mai accarezzata se non, furtivamente, nel tepore e nell'oscurità del suo letto, quando dormiva sola, senza mai cercare di giungere fino all'acme del piacere. Ma a volte trovava l'orgasmo più tardi, in sogno, e si risvegliava delusa che esso fosse stato così intenso insieme e fugace. Lo sguardo di Sir Stephen insistette. Non riuscì a sostenerlo, e ripetendo - non posso - chiuse
gli occhi. Ciò che rivedeva nella propria mente, e non riusciva ad allontanare, e che le dava la stessa vertigine di disgusto provata ogni volta che aveva assistito a questa scena, era, quando aveva quindici anni, Marion rovesciata nella poltrona di cuoio di una camera d'albergo, Marion con una gamba sul bracciolo della poltrona e la testa per metà ciondolante sull'altro bracciolo, che si accarezzava davanti a lei e gemeva. Marion le aveva raccontato che un giorno si accarezzava in questo modo nel suo ufficio, mentre si credeva sola, e il suo direttore era entrato all'improvviso e l'aveva sorpresa. O ricordava l'ufficio di Marion, una stanza nuda, dalle pareti verde pallido, con la luce del nord che filtrava attraverso finestre polverose. C'era una sola poltrona, destinata ai visitatori, di fronte al tavolo. - Hai potuto metterti in salvo? - aveva detto O. - No - aveva risposto Marion, - mi ha chiesto di ricominciare, ma ha chiuso la porta a chiave, mi ha fatto togliere le mutande, e ha spinto la poltrona davanti alla finestra. - O aveva provato una grande ammirazione per ciò che considerava il coraggio di Marion, e un senso di orrore, e si era fieramente rifiutata di accarezzarsi davanti a Marion, e aveva giurato che non si sarebbe mai accarezzata, mai, davanti a un'altra persona. Marion aveva riso e detto: - Vedrai quando te lo chiederà il tuo amante. - Da René non le era mai stato chiesto. Avrebbe ubbidito? Ah, certamente, ma con quale terrore di veder sorgere negli occhi di René lo stesso disgusto che lei aveva provato davanti a Marion! Il che era assurdo. E, poiché si trattava di Sir Stephen, era più assurdo ancora. Che cosa le importava il disgusto di Sir Stephen? Ma no, non poteva. Per la terza volta mormorò: - Non posso. - Anche se aveva parlato quasi in un mormorio, lui sentì, la lasciò, si alzò, si chiuse la vestaglia, ordinò ad O di alzarsi. - È questa la sua ubbidienza? - disse. Poi con la mano sinistra le afferrò entrambi i polsi, e con la destra la schiaffeggiò a tutta forza. Lei barcollò, e sarebbe caduta se lui non l'avesse sostenuta. - S'inginocchi e ascolti - disse, - io temo che René l'abbia addestrata molto male. – Io ubbidisco sempre a René - balbettò O. - Lei confonde l'amore con l'ubbidienza. Mi ubbidirà senza amarmi, e senza che io l'ami. - Allora lei sentì insorgere dentro di sé uno strano impulso di rivolta: negava silenziosamente, nel proprio
intimo, le parole che udiva, negava le sue promesse di sottomissione e di schiavitù, negava il suo consenso, il suo desiderio, la sua nudità, il suo sudore, il tremore delle sue gambe, i cerchi neri sotto gli occhi. Si dibatté stringendo i denti dal furore quando, dopo averla fatta piegare, prosternata, con i gomiti sul pavimento e il capo fra le braccia, e sollevata alle anche, egli forzò le sue terga per lacerarla, come aveva detto René. La prima volta non gridò. Poi lui riprese più brutalmente, e O gridò. E ogni volta che egli si ritirava, e poi tornava, quindi ogni volta che lui volle, lei gridò. Gridava per rivolta e per dolore, e lui ne era ben consapevole. O sapeva anche, e ciò significava che era comunque sconfitta, che era lieto di costringerla a gridare. Quando ebbe finito, e dopo averla fatta alzare per accomiatarla, le fece notare che quanto aveva versato dentro di lei stava lentamente colando fuori dal suo corpo tinteggiato dal sangue della ferita che le aveva inferto, che quella ferita sarebbe stata bruciante finché le sue terga non si fossero abituate a lui, e che lui avrebbe continuato a forzarne il passaggio. Di questo impiego del suo corpo, che René gli riservava, non si sarebbe privato, non doveva illudersi di venir risparmiata. Le ricordò che aveva acconsentito ad essere la schiava di René e sua, ma che gli sembrava poco probabile che sapesse, con perfetta cognizione di causa, a che cosa si fosse impegnata. Quando l'avrebbe imparato, sarebbe stato troppo tardi per sfuggire.
(…)

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