26 giugno 2017

Finisterre – Sylvia Plath

Bretagna - La Pointe du Raz
Finisterre – Sylvia Plath

Qui finiva la terra: le estreme dita, nocchiute e reumatiche,
Rattrappite sul nulla. Ammonitori
neri dirupi, e il mare che esplode
senza fondo, o alcunché d’altro al di là,
bianco di visi annegati.
Adesso è soltanto tetro, un ammasso di rocce----
soldati sbandati di vecchie, confuse guerre.
Il mare gli cannoneggia gli orecchi, ma loro non mollano.
Altre rocce nascondono i loro rancori sott’acqua.

Il precipizio ha un orlo di stelle, trifogli e campanule
ricamate si direbbe da dita, prossime a morte,
piccole al punto che quasi sfuggono alle brume.
Le brume sono parte dell’antico armamentario----
anime, arrotolate nel cupo lamento del mare.
Cancellano le rocce, poi le rifanno alla luce.
Salgono senza speranza, come sospiri.
Ci passo in mezzo, mi riempiono la bocca di cotone.
E quando me ne libero sono imperlata di lacrime.

Nostra Signora dei Naufraghi va verso l’orizzonte,
le sue vesti di marmo sventolanti all’indietro come ali.
Assorto a lei s’inginocchia un marinaio di marmo
a cui s’inginocchia la donna vestita di nero
pregando al monumento del marinaio che prega.
Nostra Signora dei Naufraghi è tre volte il naturale,
e dolci le sue labbra di celestialità.
Non sente quel che dicono il marinaio o la donna----
è tutta presa dalla bella informità del mare.

Nastri color gabbiano svolazzano alla brezza
accanto ai chioschi di cartoline illustrate.
I contadini li ancorano a conchiglie. “Comprate”
dicono, “i bei gioielli che il mare nasconde,
piccoli gusci che fanno bamboline e collane.
Non vengono dalla Baia dei Morti laggiù,
ma da un altro posto, azzurro e tropicale,
dove non siamo mai stati.
Comprate le nostre frittelle, mangiatele ancora calde”.

Traduzione di Giovanni Giudici

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