20 giugno 2017

Piccola Fuga – Sylvia Plath

Pennsylvania Landscape, by Andrew Wyeth

Piccola Fuga – Sylvia Plath

Le dita nere del tasso si agitano;
in alto passano nuvole fredde.
Così i sordi e muti
fanno segni ai ciechi, e sono ignorati.

A me piacciono le affermazioni nere.
Lo scialbore di quella nuvola, invece!
Tutta bianca come un occhio!
L’occhio del pianista cieco

al mio tavolo sulla nave.
Cercava a tentoni nel piatto
con dita che avevano nasi di donnole.
Non riuscivo a smettere di guardare.

Sentiva Beethoven:
tasso nero, nuvola bianca,
le terrificanti complicazioni.
Trappole per le dita----un tumulto di tasti.

Vuoti e sciocchi come piatti,
così sorridono i ciechi.
Invidio i grandi rumori,
la siepe di tasso della Grosse Fuge.

La sordità è un’altra cosa.
Un imbuto così buio, padre mio!
Vedo la tua voce
nera e frondosa, come nella mia infanzia,

una siepe di tasso d’ordini,
gotica e barbarica, puro tedesco.
Ne escono grida di morti.
Io non ho colpa di nulla.

Il tasso mio Cristo, allora.
Non è altrettanto torturato?
E tu, durante la Grande Guerra
nella salumeria californiana

che mozzavi le salsicce!
Colorano il mio sonno,
rosse, chiazzate, come colli tagliati.
C’era un tale silenzio!

Grande silenzio di altro genere.
Avevo sette anni, non sapevo nulla.
Il mondo accadeva.
Tu avevi una gamba sola, e una mente prussiana.

Ora nuvole simili
stendono i loro vacui lenzuoli.
Non dici nulla?
Sono zoppa nella memoria.

Ricordo un occhio azzurro,
una cartella di mandarini.
Questo era un uomo, allora!
La morte si aprì, come un albero nero, neramente.

Io sopravvivo intanto,
ordinando la mia mattina.
Queste sono le mie dita, questo il mio bambino.
Le nuvole sono una veste nuziale, di quel pallore.

traduzione di Anna Ravano

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