19 giugno 2017

La riunione delle api – Sylvia Plath

Dalla tomba di Pabasa El-Assasif - foto di Tiziana-Giuliani
La riunione delle api – Sylvia Plath

Chi sono questi che mi aspettano al ponte?----I paesani
parroco, levatrice, sacrestano, agente apicoltore.
Vestita così sbracciata non ho nessuna protezione,
e loro tutti inguantati e coperti: perché non avvisarmi?
Sorridono, ostentano veli presi da antichi cappellini.

Io nuda come un pollo spennato: nessuno che se ne preoccupi?
Ah ecco, l’impiegata delle api col suo camice bianco,
mi abbottona i polsini, lo spacco dal collo ai ginocchi.
Sono tutta una seta verdealga, le api non mi vedranno.
Non annuseranno la mia paura, paura, paura.

Qual è il parroco adesso, forse quell’uomo in nero?
E la levatrice è quella vestita di azzurro?
Ognuno scuote una nera testa quadra, cavalieri in celata,
con pettorali di garza annodati alle ascelle.
Mutano voci e sorrisi. Passiamo in un campo di fave.

Strisce di stagnola ammiccano come persone,
piumini agitano i manici in un mare di fiori di fava,
lattei con occhi neri e foglie come cuori annoiati.
Sono grumi di sangue che i viticci tengono su a quel filo?
No, no: fiori purpurei, prima o poi commestibili.

Mi danno adesso un bel cappello di paglia di Firenze
e un velo nero che stampa la mia faccia: mi fanno
una di loro, mi portano sulla radura, verso gli alveari.
E’ il biancospino che profuma da nauseare?
Il tronco isterilito eterizza i suoi figli.

Stanno operando qualcuno? I vicini
Stanno in attesa del chirurgo?
Questa apparizione in casco verde,
dai guanti lucidi e vestito di bianco.
E’ il macellaio, il droghiere, il postino, lo conosco?

Non posso scappare, sto impalata e la ginestra mi punge
con le sue gialle borse, il suo arsenale di spine.
Se mi mettessi a scappare, dovrei scappare per sempre.
Il bianco alveare, compatto come una vergine, occlude
la sua fecondità, il suo miele, brusisce quieto.

Fumo si spande e serpeggia nella radura.
La mente dell’alveare pensa che questa è la fine.
Ecco le api operaie sui loro isterici elastici:
ma se sto ferma mi scambieranno per un arbusto,
un innocuo fantoccio che il loro furore non tocca,

senza far piega, un personaggio in una siepe.
Aprono i favi paesani, cercano la regina.
Si nasconde? Mangia miele? E’ astutissima.
E’ vecchia, vecchia,le resta appena un anno; e lo sa.
Mentre che nelle loro celle le nuove vergini

sognano di un duello che di certo vinceranno,
c’è ancora uno strato di cera prima del volo nuziale,
ascesa dell’assassina al cielo di cui è prediletta.
I paesani traslocano le vergini, non ci saranno uccisioni.
La vecchia regina non si mostra: è dunque così ingrata?

Io sono esausta, esausta----
pilastro bianco in un buio di coltelli.
Sono la figlia dello stregone che non può tirarsi indietro.
Si slacciano le monture i paesani, si salutano.
Chi c’è in quella lunga cassa bianca a terra, cos’hanno combinato, perché sento freddo?

traduzione di Giovanni Giudici

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