26 giugno 2017

La figlia dell’apicultore – Sylvia Plath

Dipinto di Grant Wood
La figlia dell’apicultore – Sylvia Plath

Un giardino di smorfie. Purpuree, screziate di scarlatto, nere
le grandi corolle si dilatano, si rispogliano della loro seta.
Il loro muschio usurpa, cerchio dopo cerchio,
un pozzo di profumi quasi troppo densi per respirarvi.
Ieratico nel tuo camice, maestro delle api,
tu incedi fra gli alveari dai molti petti,

sotto il tuo piede è il mio cuore, sorella di una pietra.

Gole-trombe si schiudono ai becchi degli uccelli.
L’Albero Pioggiadoro spande giù le sue ciprie.
In questo boudoirs a strie di rosso e arancio
scuotono le loro teste le antere, potenti come re
a generare dinastie. L’aria è ricca.
Ecco una reginanza che nessuna madre può sfidare----

un frutto che è morte assaggiarlo: buia polpa, buie scorze.

In tane strette come un dito, api solitarie
stanno di casa in mezzo all’erba. Inginocchiata
fisso l’occhio su un foro e incontro un occhio
tondo, verde, dolente come una lacrima.
Padre, sposo, in questo uovo di Pasqua
sotto la ghirlanda di rose zuccherine

l’ape regina impalma l’inverno del tuo anno.

traduzione di Giovanni Giudici

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