20 giugno 2017

Il disappunto di Selèucide – Costantino Kavafis



Il disappunto di Selèucide – Costantino Kavafis

Grave fu il disappunto di Demetrio
Selèucide, all’udire che in Italia
era arrivato un Tolemeo così malconcio.
Tre, quattro schiavi, e basta;
vestito da pezzente, e a piedi. Ora una burla
diventeranno, a Roma, quelle loro famiglie,
uno zimbello. Che, in sostanza, siano
una specie di servi dei Romani,
lo sa bene il Selèucide: sono loro che dànno,
sono loro che tolgono i troni
ad arbitrio e capriccio. Lo sa.
Ma l’apparenza, almeno! Conservare
almeno una parvenza di maestà:
non scordare che sono ancora re,
e si chiamano (ahimè!) tuttora re.

per questo si turbò Demetrio
Selèucide. Offrì subito
A Tolemeo purpuree vesti, un fulgido diadema,
gioielli di valore, molti servi,
una scorta, i cavalli suoi più cari,
perché si presentasse degnamente a Roma,
come un monarca alessandrino, greco.
Ma il Làgide, venuto a mendicare,
sapeva il fatto suo. Rifiutò tutto:
non gli serviva a nulla quello sfarzo.
Entrò in Roma tapino, malvestito,
e s’allogò da un piccolo artigiano.
E poi si presentò come un pitocco
ai senatori, come un disperato,
per mendicare con maggior costrutto.

Trad. Filippo Maria Pontani

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