9 giugno 2017

Virgilio – Eneide, L 1, vv 418-460

Una ricostruzione di Cartagine
Virgilio – Eneide, 1, 418-460

Essi affrettan la via dove mostra il sentiero.
E già salivano il colle, che grande sovrasta
la città e domina, in faccia, le torri.
Ammira Enea quelle moli, prima tugurii,
ammira le porte e lo strepito e le vie lastricate.
Ardenti lavorano i Tirii, parte a innalzare le mura,
a fabbricare la rocca, a spingere a braccia macigni:
parte per la sua casa sceglie il suolo e lo cinge col solco.
Leggi e capi si eleggono, e il venerando senato.
Qui altri scavano il porto, là vaste al teatro
le fondazioni altri pongono, e gigantesche colonne
tagliano dalle rupi, alto ornamento alle scene future.
Così, mentre è nuova l'estate, per i campi fioriti
l'ape affatica sotto il sole il lavoro, o che i figli
adulti guidino fuori, o che, luccicante,
stipino il miele e gonfino di nettare dolce le celle,
o i pesi delle tornanti ricevano o, quasi falange,
l'ignava razza dei fuchi dall'arnie respingano.
Fervono l'opere, il miele fragrante di timo profuma.
"O fortunati quelli, di cui le mura già sorgono!"
sospira Enea, e della città guarda stupito i pinnacoli,
ed entra, fasciato di nube (stupore a narrarlo),
e fra la gente si mescola, e da nessuno è veduto.
Sacro bosco, foltissimo d'ombre, era nel cuore
della città: qui prima, sbattuti dai flutti e dai turbini,
i Puni scavarono il segno, che aveva mostrato Giunone
sovrana, un teschio d'ardente cavallo: e così in guerra
sarebbe grande e opulento pei secoli il popolo.
Qui un tempio a Giunone, grandissimo, Didone Sidonia
alzava, prezioso di doni e della presenza del nume.
Bronzee sopra i gradini sorgevan le soglie, sul bronzo
poggiavano i travi, stridevano bronzee le porte sui cardini.
E in questo bosco apparve cosa impensata e lenì
il timore, qui primamente osò sperare salute
Enea, e aver più fiducia nel momento terribile.
Ché, mentre osserva nel gran tempio ogni cosa,
la regina aspettando, e la ricchezza del popolo,
e mescersi a schiere gli artefici, e la fatica dell'opere
ammira, scorge per ordine le iliache battaglie,
la guerra per fama nota già in tutto il mondo,
gli Atridi e Priamo, e Achille a entrambi funesto.
Ristette, e piangendo: "Che luogo c'è, Acate,
che regione nel mondo, non piena del nostro soffrire?

traduzione di Rosa Calzecchi Onesti

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