4 giugno 2017

Cimone, figlio di Learco, ventiduenne, studioso di lettere greche ( a Cirene) – Costantino Kavafis

Efebo di Agrigento

Cimone, figlio di Learco, ventiduenne, studioso di lettere greche ( a Cirene) – Costantino Kavafis

“Venuta è la mia fine quand’ero pienamente
felice . Inseparabile amico fui d’Ermòtele.
Se fingeva, negli ultimi giorni della mia vita,
di non essere in pena, io gli vedevo spesso
le lacrime negli occhi. Se mi credeva un poco
addormentato, subito piombava, come pazzo,
ai piedi del mio letto. Giovani tutti e due:
avevamo la stessa età, ventitre anni.
La Sorte è traditora. Qualche altra passione
forse avrebbe strappato Ermòtele da me.
io sono morto bene. Nell’indiviso amore”.

Epitafio di Màrilo figlio d’Aristodemo,
che in Alessandria è morto un mese fa. Piangendo
l’ho ricevuto io, Cimone, suo cugino.
L’ha mandato l’autore, un poeta a me noto.
E l’ha mandato a me, perché sapeva ch’ero
un parente di Màrilo, e altro non sapeva.

Tutta l’anima ho piena di dolore per Màrilo.
Eravamo cresciuti come fratelli, insieme.
Sono profondamente triste, la sua precoce
scomparsa ha cancellato dal mio cuore per sempre
i rancori per Màrilo, tutti i rancori – eppure
lui mi rubò l’amore d’Ermòtele di nuovo,
oh! non sarà mai più lo stesso. Mi conosco.
Sono troppo sensibile. Il fantasma di Màrilo
in mezzo a noi verrà. Mi senìmbrerà d’udirlo
dire: Sei soddisfatto finalmente, Cimone.
Tu te lo sei ripreso, ecco, come volevi.
Ecco, non hai più scuse per dir male di me.

Trad. Filippo Maria Pontani

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