opera di Luca Pignatelli
da "Cent’anni di solitudine" – Gabriel Garcìa Màrquez
(...)
All’inizio
dell’inverno, però, una donna che era andata a lavare i panni al fiume nell’ora
della calura fece di corsa la via principale urlando in un allarmante stato di
agitazione.
“Arriva”,
trovò il fiato di spiegare, “un affare spaventoso come una cucina che si
trascina dietro un paese”.
E contemporaneamente il villaggio fu
scosso da un fischio dalle risonanze spaventose e da un immane ansito. Durante
le settimane precedenti si erano viste squadre di operai sistemare traversine e
rotaie, ma nessuno vi aveva badato perché si pensava che fosse un'ennesima
trovata degli zingari tornati un'altra volta con la loro secolare e ormai
screditata fiera di zufoli e bubbole per vantare chissà quale stronzo intruglio
di giulebbatici geni gerosolimitani. Ma quando si ripresero dal turbamento
causato dai sibili e sbuffi, tutti gli abitanti scesero in strada e riconobbero
Aureliano Triste che salutava con la mano dalla locomotiva, e incantati videro
arrivare con otto mesi di ritardo il primo treno inghirlandato di fiori. L'innocente treno giallo che tante incertezze
e verità, e tante lusinghe e sventure, e tanti cambiamenti, calamità e
nostalgie avrebbe in seguito portato a Macondo.
(...)
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