13 luglio 2017

da "Cent’anni di solitudine" – Gabriel Garcìa Màrquez

opera di Luca Pignatelli

da "Cent’anni di solitudine– Gabriel Garcìa Màrquez

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All’inizio dell’inverno, però, una donna che era andata a lavare i panni al fiume nell’ora della calura fece di corsa la via principale urlando in un allarmante stato di agitazione.
“Arriva”, trovò il fiato di spiegare, “un affare spaventoso come una cucina che si trascina dietro un paese”.
E contemporaneamente il villaggio fu scosso da un fischio dalle risonanze spaventose e da un immane ansito. Durante le settimane precedenti si erano viste squadre di operai sistemare traversine e rotaie, ma nessuno vi aveva badato perché si pensava che fosse un'ennesima trovata degli zingari tornati un'altra volta con la loro secolare e ormai screditata fiera di zufoli e bubbole per vantare chissà quale stronzo intruglio di giulebbatici geni gerosolimitani. Ma quando si ripresero dal turbamento causato dai sibili e sbuffi, tutti gli abitanti scesero in strada e riconobbero Aureliano Triste che salutava con la mano dalla locomotiva, e incantati videro arrivare con otto mesi di ritardo il primo treno inghirlandato di fiori.  L'innocente treno giallo che tante incertezze e verità, e tante lusinghe e sventure, e tanti cambiamenti, calamità e nostalgie avrebbe in seguito portato a Macondo.
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