11 luglio 2017

da Elena – Ghiannis Ritsos

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da Elena – Ghiannis Ritsos

(…)
A poco a poco le cose hanno perso senso, si sono svuotate; d’altronde
ebbero mai alcun senso? – Flaccide, vuote;
noi le riempivamo di paglia e crusca perché assumessero forma
e consistenza, solidità e fermezza – i tavoli, le sedie,
i letti su cui giacevamo, le parole; – sempre vuote
come borse di tela, come i sacchi dei mercanti; –
già dall’esterno indovini il contenuto:
patate o cipolle, grano o granturco, mandorle o farina.

A volte il sacco si impiglia in un chiodo della scala
o nel gancio di un’ancora giù al porto, si buca,
si versa la farina – un fiume senza senso. Il sacco si vuota.
La farina la raccolgono i poveri a manciate, per farne
qualche focaccia o una farinata. Il sacco si affloscia. Qualcuno
lo solleva per gli angoli inferiori; lo scuote in aria;
una nube di polvere bianca l’avvolge; gli si imbiancano i capelli;
gli si imbiancano soprattutto le sopracciglia. Gli altri lo guardano.
Non capiscono niente; aspettano che apra la bocca, che parli.
Lui non parla. Piega in quattro il sacco; se ne va.
Così bianco, inesplicabile, senza una parola, come travestito,
come un libidinoso nudo coperto da un lenzuolo,
o come un morto astuto, risuscitato nel suo sudario.

Nessun senso, dunque, le cose e gli eventi; – così come le parole, benché
con esse denominiamo alla meno peggio ciò che ci manca o ciò
che non abbiamo mai visto – le cose immateriali, come le chiamiamo, le cose eterne; –
parole innocenti, fuorvianti, consolatrici, equivoche sempre
nella loro affettata precisione; – che triste storia,
dare un nome a un’ombra, proferirlo durante la notte a letto
col lenzuolo alzato fino al collo, e ascoltandolo illuderci, gli stolti,
che possediamo il corpo, che esso ci possiede, che ci aggrappiamo al mondo.
(…)

da Elena - Traduzione di Nicola Crocetti - Quarta dimensione

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