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da Elena
– Ghiannis Ritsos
(Lo sfacelo si vedeva già da lontano – muri
scalcinati, diroccati; persiane stinte; le inferriate del balcone arrugginite. Fuori
della finestra del piano superiore si agitava una tenda ingiallita, sbrindellata sul fondo.
Quando si avvicinò, sempre esitante, notò lo stesso abbandono nel giardino:
piante lussureggianti, foglie carnose, alberi non potati; i rari fiori
soffocati dalle ortiche; le fontane senz’acqua, ammuffite; le belle statue
coperte di licheni. Una lucertola stava immobile tra i seni di una giovane
Afrodite, scaldata dagli ultimi raggi del sole al tramonto. Quanti anni prima?
Era molto giovane allora – ventidue? Ventitré anni? E lei? Non riuscivi mai a
saperlo – era così forte la luce che irradiava – ti accecava, ti trafiggeva; –
non sapevi più che cos’era, se esisteva, se tu esistevi. Suonò il campanello
della porta. Ne udì da fuori il suono, molto isolato, in uno spazio che gli era
familiare ma che aveva ormai subìto alterazioni sconosciute, con diramazioni
sconosciute, in colori oscuri. Tardavano ad aprire. Qualcuno si affacciò alla finestra
di sopra. Non era lei. Una domestica – molto giovane. Pareva che ridesse. Scomparve
dalla finestra. Tardavano ancora. Poi passi sulla scala interna. Aprirono la porta.
Salì. Un odore di polvere, di frutta marcia, di saponata secca, di urina. Per
di qua. Camera da letto. Armadio. Specchio di metallo. Due poltrone con intagli
sfondate. Tavolino di zinco con tazzine di caffè e cicche. E lei? No, no – non
è possibile. Vecchia – vecchia – cento, duecento anni. Appena cinque anni fa –
No, no. Il lenzuolo bucato. Lei là, immobile; seduta sul letto; ingobbita.
Soltanto gli occhi – ancora più grandi, imperiosi, penetranti, vuoti.)
(...)
(...)
da Elena - Traduzione
di Nicola Crocetti - Quarta dimensione
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