11 luglio 2017

da Elena - Ghiannis Ritsos

da Elena - Ghiannis Ritsos

(...)
Sì, sì, – sono io. Siediti un po’. Non viene più nessuno. Sto quasi
per scordarmi le parole. E del resto non servono. Credo si avvicini l’estate;
si muovono diversamente le tende – vogliono dire qualcosa – sciocchezze. Una di esse
è già uscita fuori dalla finestra, tira, vuole rompere gli anelli,
fuggire sugli alberi – forse cerca addirittura di trascinare
altrove tutta la casa – ma la casa resiste con tutti i suoi angoli
e assieme ad essa anch’io, benché mi senta, da mesi, affrancata
dai miei morti e da me stessa; e questa mia resistenza,
inconcepibile, involontaria, estranea, è l’unica cosa che ho – il mio legame
con questo letto, con questa tenda; – ed è la mia paura, come se mi reggessi
tutta a quest’anello dalla pietra nera che porto all’indice.

Esamino questa pietra adesso, per interminabili ore, nella notte  
nera, priva di riflessi – si ingrandisce, si ingrandisce, si riempie
di acque nere – le acque esondano, crescono; sprofondo,
non in un fondale basso, ma in un fondale alto; e da lassù
distinguo sotto la mia stanza, me stessa, l’armadio, le ancelle
che litigano senza voce; ne vedo una in piedi
su uno sgabello che pulisce il vetro del ritratto di Leda
con espressione dura, vendicativa; vedo lo straccio lasciarsi dietro
una coda polverosa di minuscole bollicine che salgono e scoppiano
con un mormorío silenzioso intorno alle mie caviglie o alle ginocchia. 
(...)
da Elena - Traduzione di Nicola Crocetti - Quarta dimensione

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