Marina di Pisticci - Matera
Io sono la mia terra - Enzo Montano
Io sono
i calanchi che disegnano milioni di profili
fino
all’orizzonte, moltiplicato dai riverberi del sole,
sono
l’argilla che avvolge il tempo e lo trasforma in fossili.
Io sono l’alba luminosa sullo ionio di Nestore e
di Ulisse
e sono
il sole immobile appeso al cielo di cristallo
con i
suoi dardi perpendicolari che
raggiungono le spighe d’oro
come nelle
incisioni a punta secca che realizzava Mario.
Io sono
la striscia del mare in lontananza verso est,
riflesso
argenteo della luna del Dirupo.
Io sono
i cocci delle anfore greche,
costellazioni
tra le brune zolle,
frantumati
dalla punta del vomere,
sono le
schegge colorate di un lekythos di una
tomba greca,
tracce della
storia immensa dissepolte da un’aratura profonda.
Sono le
colonne doriche del tempio di Hera
testimoni
del sedimentarsi lento dei veli del tempo
e del
lungo cammino degli uomini e le donne verso
i tanti
nomi che assumono i sogni.
Io sono
i briganti negli sterminati boschi
in
lotta con il freddo e la falsa unità d’Italia.
Io sono
le teste dei raccoglitori di tabacco
che
emergono dopo l’alba dal verde intenso
delle
foglie appiccicose e dal viola tenue dei fiori.
Io sono
le classi strapiene di bambini
di una
scuola di campagna in primavera.
Sono i
bambini che rubano le ciliegie
e
sono l’ortolano buono che finge di arrabbiarsi.
Io sono
coloro che hanno abbandonato le loro case
verso
l’ignoto sconosciuto oltre l’oceano che sfuggivano alla fame.
Io sono
le lacrime di gioia di zio Generoso
che
rivede i boschi della sua fanciullezza
dopo
sessant’anni di Argentina,
sono il
vino rosso di un altro brindisi che inonda l’anima
e ci
accompagna fino all’orizzonte rosa dove
accenniamo
passi di un tango sulle note di Piazzolla
mentre
il sole attendi il momento del suo tuffo.
Io sono
tutti gli Hamed e le Jala che arrivano dal mare
e sono
le loro sorelle e i loro fratelli e figli che non ce l’hanno fatta.
Sono la
luna piena che trasforma le paure in lupi mannari.
Io sono
il funambolo ebbro che cammina su un filo teso
tra la falce della luna
e Cassiopea fin sulla punte delle stelle
immerso nel profumo intenso di un aranceto in fiore.
immerso nel profumo intenso di un aranceto in fiore.
Io sono
l’olivo secolare dal grande tronco rugoso, alieno al tempo,
che
sventola foglie argentee in danza con il sole
meraviglioso
preludio al liquido tesoro dell’autunno.
Io sono
l’uva dagli acini d’oro dolci come il miele
che
segnano la fine dell’estate e colmano i tini di allegria.
Io sono
lo scintillio degli aculei trasparenti
delle imponenti
siepi del ficodindia.
Io sono
il giallo arrogante delle ginestre
che al
pari di un oceano copre la primavera.
Io sono
in quello scorcio che si apre sulla valle
in
aprile, sempre alla stessa ora, così bello che strozza la gola,
e sono
tutti i colori dei fiori in esplosione
come i
fuochi nelle notti di San Rocco.
Io sono
la tenerezza della malvarosa
e la prepotenza
del rosso sconfinato dei papaveri,
e la
tristezza di un’acacia che muore lungo la via.
Io sono
l’estate rovente densa di mirto rosmarino e finocchietto
che infuoca le narici e brucia i polmoni.
Io sono
l’incessante canto della cicala incurante della morte prossima.
Io sono
il mistero della controra
quando
tutto sembra fermo col sole unico signore
e i
pochi temerari che lo sfidano hanno un motivo inconfessabile.
Io sono
il falco che pondera il suo volo
contro
l’intenso azzurro doloroso
che come
un dardo trafigge la lucertola.
Ma sono
anche la lucertola che muore in un attimo
e il
ramarro dai cento verdi spiaccicato sull’asfalto.
Sono la
civetta che squittisce nelle notti incantate e silenziose,
e sono
una delle stanche pecore di Rocco Scotellaro
incapace
di scalfire l’indolenza atavica
di chi
punta il dito senza vedere se stesso
né la
bellezza irresistibile delle evoluzioni della luna.
Io sono
il volto bruno dei nostri padri
con rughe
profonde scavate dal vento e dalla fatica.
Io sono
il sorriso di mio figlio e i suoi occhi colmi di sogni.
Io sono
una vecchia fontana abbandonata.
Io sono
una chiesa rurale invasa dalle erbacce.
Io sono
il basilico la menta e mille altri profumi.
Io sono
l’eucalipto gigante il gelso maestoso e il vecchio carrubo.
Io sono
l’alloro il corbezzolo e l’oleandro.
Io sono
la terra del silenzio e della luce che cantano inni
alla
Bellezza come un coro in una cattedrale.
Io sono
la cenere dell’urna che si disperde
tra l’erba
rugiadosa di un mattino colmo di promesse.
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