18 maggio 2018

da Dolce come il cioccolato - Laura Esquivel

Eric Bowman- Ice Woman
da Dolce come il cioccolato - Laura Esquivel
(…)
Tita sbatteva e sbatteva con frenesia, come se volesse finirla con quel calvario una volta per tutte. Rimanevano da sbattere soltanto due uova e l’impasto per la torta sarebbe stato pronto. Era quanto mancava; tutto il resto, comprese le pietanze per un pranzo di venti portate e gli stuzzichini da servire come antipasto, era pronto per il banchetto. In cucina rimanevano soltanto Tita, Nacha e Mamma Elena. Chencha, Gertrudis e Rosaura stavano dando gli ultimi ritocchi al vestito da sposa. Nacha, con gran sollievo, prese il penultimo uovo per romperlo. Tita, con un grido, glielo impedì.
«No!».
Smise di sbattere e prese l’uovo tra le mani. Udiva chiaramente pigolare un pulcino dentro il guscio. Avvicinò l’uovo all’orecchio e udì i pigolii con maggiore intensità. Mamma Elena sospese il lavoro e chiese, con voce autoritaria:
«Che succede? Cos’è stato quel grido?».
«Dentro quest’uovo c’è un pulcino! Nacha non può certamente sentirlo, ma io sì».
«Un pulcino? Sei matta? Non è mai successo niente di simile con le uova conservate!».
Si buttò in un baleno su Tita, le strappò l’uovo di mano e lo aprì. Tita chiuse gli occhi con forza.
«Apri gli occhi e guarda il tuo pulcino!».
Tita aprì gli occhi lentamente. Con sorpresa vide che il presunto pulcino non era altro che un uovo, e senza dubbio abbastanza fresco.
«Ascoltami bene Tita, mi hai esasperata, non ti permetto d’iniziare a fare le tue pazzie. Questa è la prima e l’ultima! Altrimenti ti assicuro che te ne pentirai!».
Tita non riuscì mai a spiegarsi ciò che era accaduto quella sera, se quanto aveva udito era stato un prodotto della stanchezza o un’allucinazione della sua mente. Intanto la cosa più conveniente era ricominciare a sbattere, perché non voleva verificare fin dove arrivava la pazienza di sua madre.
Insieme alle ultime due uova, si aggiunge la scorza grattugiata del limone; quando il composto si è addensato a sufficienza si smette di sbattere e si unisce la farina setacciata, mescolando a poco a poco con una spatola di legno fino ad amalgamare bene il tutto. Per ultimo si versa l’impasto in una teglia imburrata e infarinata. Si cuoce in forno per trenta minuti.
Nacha, dopo aver preparato per tre giorni venti manicaretti diversi, era stanca morta e non vedeva l’ora d’infornare il dolce per potersi finalmente riposare. Questa volta Tita non era stata l’ideale come aiutante. Non si era mai lamentata, forse perché lo sguardo indagatore della madre non glielo permetteva, ma non appena vide Mamma Elena uscire dalla cucina e dirigersi nelle sue stanze, lanciò un sospiro interminabile. Nacha, vicino a lei, le tolse dolcemente la spatola dalle mani, l’abbracciò e le disse:
«Non c’è più nessuno in cucina bambina mia: piangi adesso, perché domani non voglio che nessuno te lo veda fare. Tantomeno Rosaura».
Nacha smise di sbattere perché sentiva che Tita era sull’orlo di un collasso nervoso, beh lei non lo conosceva sotto questo nome, ma nella sua sconfinata saggezza capiva che Tita non ne poteva più. A dire il vero, neppure lei. Rosaura e Nacha non erano mai andate d’accordo. Nacha mal sopportava che fin da bambina Rosaura fosse stata schizzinosa con il cibo. Lo lasciava sempre nel piatto senza averlo toccato, o lo dava di nascosto al Tequila, il padre del Pulque (il cane della fattoria). Nacha le portava come esempio Tita che mangiava sempre tutto e di tutto. Beh, c’era solo una cosa che non piaceva a Tita, ed era l’uovo alla coque che Mamma Elena la costringeva a mangiare. Eccetto questo, siccome Nacha si era occupata della sua educazione culinaria, Tita non solo mangiava le solite cose, ma anche jumiles, vermi di maguey, acosiles, tepezcuintle, armadilli ecc., di fronte a un’inorridita Rosaura. Da questo era nata l’avversione di Nacha per Rosaura e la rivalità tra le due sorelle, che culminava con queste nozze nelle quali Rosaura sposava l’uomo che Tita amava. Quello che Rosaura non sapeva, ma sospettava, era che Pedro amava Tita di un amore sconfinato. Era comprensibile quindi che Nacha prendesse le parti di Tita e cercasse in tutti i modi di evitarle ogni sofferenza. Nacha asciugava con il suo grembiule le lacrime che scorrevano sul viso di Tita e le diceva:
«Su bambina mia, abbiamo quasi finito».
Ma impiegarono più tempo del solito perché il composto non riusciva ad addensarsi a causa delle lacrime di Tita.

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