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Già il Gran Kan stava sfogliando nel
suo atlante le carte della città che minacciano negli incubi e nelle maledizioni:
Enoch, Babilonia, Yahoo, Butua, Brave New World.
Dice: – Tutto è inutile, se l’ultimo
approdo non può essere che la città infernale, ed è là in fondo che, in una spirale
sempre più stretta, ci risucchia la corrente.
E Polo: – L’inferno dei viventi non
è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che
abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non
soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne
parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige
attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in
mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
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