13 giugno 2017

Ode alla critica (II) – Pablo Neruda

illustrazione da pinterest
Ode alla critica (II) – Pablo Neruda

Toccai il mio libro:
era
compatto,
fermo,
arcuato
come un nave bianca,
socchiuso
come una nuova rosa,
era
per i miei occhi
un mulino,
da ciascun foglio
il fiore del pane cresceva
sopra il mio libro:
mi accecai con i miei raggi,
mi sentii troppo
soddisfatto,
persi la terra,
cominciai a camminare
avvolto nelle nubi
e allora,
compagno,
mi riportasti
alla vita,
una sola parola
mi mostrò all’improvviso
quanto potessi fare
e quanto potei
avanzare con la mia forza e la mia tenerezza,
navigare con la nave del mio canto.

Ritornai più vero,
arricchito,
presi quanto avevo
e quanto hai,
quanto tu camminasti
sulla terra,
quanto videro
i tuoi occhi,
quanto
lottò il tuo cuore giorno dopo giorno
si dispose al mio fianco,
numerosa,
ed alzai la farina
del mio canto,
il fiore del pane accrebbe il suo aroma.

Grazie ti dico,
critica,
motore chiaro del mondo,
scienza pura,
segno
della velocità, olio
dell'eterna ruota umana,
spada di oro,
pietra
della struttura.
Critica, tu non porti
la spessa goccia
sporca
dell'invidia,
la personale falce
o l'ambiguo, crespato
tarlo
del caffè rancoroso:
non sei neanche il gioco
del vecchio mangiatore di spade e la sua tribù,
né la perfida
coda
del feudale serpente
sempre attorcigliata nel suo squisito ramo.
Critica, sei
mano
costruttrice,
bolla del livello, linea di acciaio,
palpitazione di classe.

Con una sola vita
non imparerò abbastanza.

Con la luce di altre vite
vivranno altre vite nel mio canto.

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